Nel libro di Cento Autori, i cronisti raccontano in prima persona le minacce subite. La prefazione a cura dell’ex Procuratore di Napoli, Giovandomenico Lepore
Sono spinti dalla passione, animati dalla curiosità, spesso finiscono nel mirino senza nemmeno rendersi conto di essersi spinti così a fondo da dar fastidio al potente di turno.
Sono i giornalisti che ‘non mollano’, quelli che, sovente in avamposti di confine, si trovano a raccontare la cronaca che inquina la vita della società civile. Le loro storie sono raccolte in “Io non taccio. L’Italia dell’informazione che dà fastidio”, edito da “Cento Autori”.
Otto racconti, tutti in prima persona, che tratteggiano i confini di un Paese, che da Nord a Sud, resta ancora lontano dal potersi definire realmente civile. Otto voci, dietro le quali non è raro trovare il volto di un lavoratore precario, raccontano di un’Italia sconosciuta ai più, dove un giornalista può rischiare la vita alla stregua dell’inviato spedito sul fronte di guerra. Un Paese che indigna, ma che è necessario conoscere anche da questa prospettiva, se lo si vuole realmente cambiare. Se ancora crediamo che la libertà d’informazione sia un diritto e non una concessione. Sono centinaia i giornalisti e i blogger che, ogni anno, subiscono minacce e intimidazioni in Italia, a causa di inchieste coraggiose, che senza censure raccontano di verità scomode, spesso inconfessabili.
Fra gli autori Paolo Borrometi, Federica Angeli, Giuseppe Baldessarro, Arnaldo Capezzuto, Ester Castano, Marilù Mastrogiovanni, David Oddone e Roberta Polese.
Paolo Borrometi, che collabora con l’Agi ed è direttore del web-magazine “la Spia” di Ragusa, vive sotto scorta dopo aver subito minacce e aggressioni fisiche per i suoi reportage su Cosa nostra e i rapporti con la ‘Ndrangheta (esempio ne è l’omicidio, raccontato anche nel libro, del boss ‘ndranghetista, Michele Brandimarte). Le sue inchieste hanno portato, fra le tante, allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Scicli, in provincia di Ragusa. E’ stato minacciato di morte dalle famiglie mafiose di Vittoria (Ragusa).
Federica Angeli, giornalista del quotidiano “la Repubblica”, vive sotto scorta dopo aver subito minacce per alcune inchieste sulla penetrazione della criminalità organizzata sul litorale laziale e nel Municipio di Ostia.
Giuseppe Baldessarro, anche lui giornalista de “la Repubblica”, ha subito minacce e collezionato decine di querele per le sue inchieste su ‘ndrangheta e politica.
Arnaldo Capezzuto, giornalista e blogger napoletano, ha subito intimidazioni e minacce per le sue inchieste sui clan della camorra di Forcella.
Ester Castano, giornalista dell’agenzia “La Presse”, ha subito intimidazioni a causa delle sue inchieste sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in alcuni Comuni della Lombardia. I suoi articoli hanno portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del primo Comune lombardo (Sedriano, in provincia di Milano).
Marilù Mastrogiovanni, direttrice del web-magazine “Il tacco d’Italia” di Lecce, ha subito minacce e altre vessazioni dopo la pubblicazione di alcuni reportage sui rapporti tra politica e criminalità organizzata nel Salento.
David Oddone, caporedattore del quotidiano “La Tribuna Sammarinese”, ha subito intimidazioni e pesanti ritorsioni di carattere giudiziario dopo la pubblicazione di alcune inchieste sui rapporti tra il mondo della finanza ed alcuni esponenti della criminalità organizzata nella Repubblica della Rocca.
Roberta Polese, giornalista professionista, collabora con il “Corriere del Veneto” (dorso locale del Corriere della Sera) ha dovuto fronteggiare una serie di azioni giudiziarie, in sede civile e penale, per un articolo pubblicato dal quotidiano “Il Padova” (Gruppo Epolis), per il quale lavorava, entrato poi in crisi e successivamente fallito.
La prefazione è dell’ex Procuratore di Napoli, Giovandomenico Lepore. “L’Italia dell’informazione che dà fastidio – scrive Lepore -. Letta, però, con gli occhi di chi ha vissuto un’esperienza unica. Inattesa. Traumatica. Penso alla vita blindata di Federica e di Paolo, al disagio di Roberta, alla coraggiosa solitudine di Marilù, alla rabbia di Arnaldo, Ester e David. Ma anche all’amletica ironia di Giuseppe, giornalista in terra di ‘ndrangheta. Ma loro, gli otto autori del libro (non a caso tutti giovani e motivati) hanno avuto coraggio. Quel coraggio di ribellarsi che – parafrasando il dialogo tra don Abbondio e il cardinale Federigo Borromeo – se uno non ha, non lo può certo inventare.
Lo stoicismo di sfidare le ire dei potenti e le intimidazioni dei prepotenti, che come nel caso di Paolo Borrometi, non ci hanno pensato due volte prima di mandarlo in ospedale, con la raccomandazione di non provarci una seconda volta. Insomma, fare informazione – conclude Lepore -, e farlo con tutti i crismi del giornalismo d’inchiesta (quello che non guarda in faccia nessuno ed è a fondamento del diritto di cronaca), può costare caro”. (AGI)