Intercettazioni, ma anche diffamazione e riforma della Rai: questi i principali temi affrontati dal segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, nel suo intervento al 32° Congresso dell’Associazione nazionale magistrati, in corso a Bari. All’assise dell’Anm Lorusso ha poi lanciato un appello: “Giornalisti e magistrati collaborino, nel rispetto della reciproca autonomia e nella distinzione dei ruoli, nell’esclusivo interesse dei cittadini”.
“Giustizia, economia e tutela dei diritti non possono prescindere da un’informazione corretta, autorevole e di qualità. Un sistema realmente democratico non si fonda soltanto sulla divisione e sull’autonomia dei tre poteri fondamentali – legislativo, esecutivo e giudiziario – ma non può prescindere da un’informazione libera, indipendente, autorevole e di qualità”. Lo ha detto il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, intervenendo al 32° congresso dell’Associazione nazionale magistrati, in corso a Bari.
“Ogni giorno il diritto di cronaca – ha rilevato Lorusso – è messo sotto attacco non soltanto da parte della criminalità organizzata, con il fenomeno dei giornalisti minacciati e che vivono con la scorta in preoccupante e costante aumento, ma anche da parte della classe politica, che in modo trasversale non smette mai di concepire progetti di legge che non esitiamo a definire bavaglio”.
“Il diritto/dovere di informare ed essere informati – ha proseguito il segretario Fnsi – viene messo in discussione anche da provvedimenti della magistratura, come testimonia, è notizia di questa mattina, l’avviso di conclusione delle indagini per violazione di domicilio notificato dalla Procura di Torino ad un cronista, colpevole di aver seguito un’occupazione dei no Tav e di aver fornito, lui, unico testimone dei fatti, una versione diversa da quella della polizia”.
Lorusso ha parlato poi delle norme sulla diffamazione in discussione in parlamento: “Le proposte di riforma – ha detto – non vanno nella direzione auspicata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, ossia la condanna di chi si è fatto promotore di un’azione chiaramente infondata e temeraria al pagamento di una sanzione pecuniaria proporzionale all’entità del risarcimento richiesto”, e del tema sempre attuale delle intercettazioni: “Se le intercettazioni sono un utile strumento di indagine, la loro pubblicazione, in presenza di un interesse pubblico alla conoscenza di fatti e comportamenti, è sacrosanta”.
“Sulle intercettazioni, come sulla riforma della Rai, riteniamo sbagliato, grave e pericoloso – ha proseguito il segretario della Fnsi – lo strumento della delega al governo. Il presidente Renzi dice di non essere Berlusconi. Ne prendiamo atto, ma aspettiamo i fatti. Alla Federazione nazionale della Stampa italiana non si può chiedere di cambiare idea in base al colore dei governi. La delega sulla riforma della Rai e sulle intercettazioni non ci piaceva ieri e non ci piace oggi. La centralità del Parlamento non può essere messa in discussione, non può essere il governo a decidere che cosa si può pubblicare e che cosa no, come non può essere il partito di governo a decidere la governance del servizio pubblico radiotelevisivo. È comunque apprezzabile, e va colta appieno, la disponibilità del ministro della Giustizia, ribadita in un recente incontro con la Fnsi, ad istituire un tavolo di studio e di consultazione, con rappresentanti della magistratura, del mondo accademico e del mondo dell’informazione, per riempire la delega di contenuti compatibili con i principi costituzionali. La collaborazione fra Anm e Fnsi, nel rispetto della reciproca autonomia e nella distinzione dei ruoli, può risultare preziosa per dare corpo alla proposta di istituire un’udienza filtro in cui decidere che cosa è rilevante per le indagini e che cosa non lo è. Deve però essere chiaro che i giornalisti hanno il dovere di dare le notizie di cui vengono in possesso, anche quelle eventualmente coperte da segreto se rilevanti per l’opinione pubblica, e che coloro che ricoprono incarichi pubblici hanno un diritto alla privacy attenuato rispetto a quello dei cittadini comuni. Principi che alcuni procuratori sembrano dimenticare, arrivando a contestare ai giornalisti la violazione del segreto istruttorio, reato evidentemente impossibile perché non sono i giornalisti i custodi del segreto istruttorio, o, peggio ancora, il reato di ricettazione, in questo caso aprendo scenari decisamente pericolosi perché il tutto viene accompagnato da un’attività invasiva volta a scoprire le fonti delle notizie, la cui tutela e la cui segretezza sono invece imprescindibili per i giornalisti”.
“La battaglia sacrosanta per i diritti e per le libertà – ha concluso Lorusso – non può prescindere dall’osservanza e dal rispetto dei doveri professionali. Quello dei giornalisti è di informare l’opinione pubblica, oltre che rispettare la dignità delle persone, ed è quello che continueremo a fare, bavaglio o non bavaglio, avendo come stella polare la verità dei fatti e i principi sanciti dalla giurisprudenza costante della Corte europea dei diritti dell’uomo”.