Di Pino Salerno
Al netto delle polemiche suscitate dal merito di alcune scelte contenute dalla Legge di stabilità, di cui parliamo ampiamente in altre pagine di questo giornale, il menù politico del fine settimana presenta portate di notevole pesantezza. La polemica sulle unioni civili è ormai al calor bianco, sollevata con forza da dichiarazioni e posizioni di alti prelati del Vaticano e soprattutto da personaggi politici dell’arcipelago cattolico più reazionario, vicini alla Opus Dei, i quali tentano di portare pressione su Alfano e sul Nuovocentrodestra. Dall’altra parte, si aprono nel Partito democratico crepe profonde, sia sul piano nazionale che in alcune importanti realtà metropolitane. La frattura tra maggioranza e minoranza del Pd, ancora una volta, pare insanabile, per le distanze annunciate da Bersani sulla qualità anticostituzionale di parti rilevanti della Legge di stabilità, per la mutazione politica del partito renziano, denunciata da ultimo da Alfredo D’Attorre, con un piede ormai già fuori dal partito. Su tutto ciò, incombe la candidatura del Movimento 5 Stelle a guidare Roma e l’Italia, annunciata da Beppe Grillo nell’intervento finale alla kermesse di Imola.
Le pretestuose polemiche sulle unioni civili e sulle cosiddette stepchild adoptions
Apre il fronte della polemica il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, noto alle cronache di qualche mese fa per aver criticato, di ritorno da un viaggio in Medio Oriente, l’Italia e l’Europa per il trattamento disumano riservato a migranti e a rifugiati. Domenica, intervistato da Lucia Annunziata, torna nell’alveo della dottrina della Chiesa, e non poteva essere altrimenti, proprio sul tema della famiglia, sul quale sta riflettendo il Sinodo proprio in questi giorni. Monsignor Galantino ha detto: “Il problema della famiglia, fatta di padre, madre e figli, che può assicurare continuità e futuro alla società non è un problema della Chiesa. È una realtà che riguarda soprattutto la società. Io come credente e come cittadino, gradirei che si mettesse in atto quello che l’articolo 29 della Costituzione dice a proposito della famiglia”. Ci saranno appelli ai cattolici e ai parlamentari affinché la legge Cirinnà non passi, chiede Lucia Annunziata? “Io spero che il parlamentare non abbia bisogno del giogo del prete – risponde il segretario generale della Cei. Spero che si riesca ad avere con chiarezza un’attenzione alla famiglia, fatta di padre, madre e figli e che il governo stesso sia attento anche ad altre realtà che hanno bisogno di essere accompagnate. Chiedo che la politica non sia strabica”. È la posizione più classica e tradizionale della Chiesa cattolica, più volte annunciata e dettata dallo stesso papa Francesco. È evidente che la reiterazione di questa posizione del Vaticano pone qualche problema a Renzi e alla maggioranza, che si troveranno a discutere della legge sulle unioni civili proprio nel corso del Giubileo straordinario, cioè proprio quando i riflettori mediatici planetari saranno puntati su Roma e sull’Italia. Il timore è che piuttosto che votare un provvedimento fortemente divisivo, Renzi possa decidere di rimetterlo nel cassetto. Se ne riparlerà nel 2017.
Gli oltranzisti di Alfano all’attacco
Intanto, il coro dei cattolici più oltranzisti ha alzato la voce proprio domenica. Fuoco alle polveri dall’ineffabile Carlo Giovanardi, che in questa corsa al primato di chi è più integralista non vuole essere secondo a nessuno. Giovanardi minaccia: “Se il presidente del Consiglio e il Pd vogliono la caduta del governo e l’abbandono traumatico dell’iter delle riforme costituzionali, se ne assumeranno tutte le responsabilità, perché il NCD ha il dovere politico e morale di togliere la fiducia a chi sostiene questa incredibile forzatura sulle unioni incivili e incostituzionali del testo Cirinnà. Si ricordi però Matteo Renzi che non è detto che il suo sia l’ultimo governo di questa legislatura e che se viceversa si voterà senza riforme è incerto chi avrà la maggioranza alla Camera ma è certo che nessuna forza politica la otterrà tra i 315 membri del Senato non riformato”. Insomma, il ricatto è servito, e il messaggio è lanciato, soprattutto al suo capo, Angelino Alfano. Rafforzano minacce e ricatti le due pasdaran del cattolicesimo da Opus Dei, Eugenia Roccella e Paola Binetti. Roccella: “Serracchiani e Speranza confermano che le minacce di Alfano non vengono prese sul serio. O pensano che D’Anna e Verdini possano degnamente sostituire i ministri Ncd, o non credono che effettivamente Ncd sia disposto a mettere in gioco l’alleanza di governo”. Binetti: “Far approvare una legge come l’attuale Cirinnà 2 sottopone il Pd ad una doppia erosione proprio al suo interno: da un lato la cosiddetta minoranza Dem, che minaccia di non votare la legge di stabilità e che ha fatto sentire tutta la sua resistenza nella legge sulle riforme appena approvata in Senato. Ma dall’altro lato c’è, ne siamo convinti, un’altra minoranza formata da un gruppo di convinti cattolici Pd che non vede affatto di buon occhio la Cirinnà 2, proprio nei suoi riferimenti alle adozioni”. E continua: “L’area cattolica del Pd non vorrà essere accusata di minore coerenza dell’area Dem, per cui mentre questi ultimi preparano un documento contro la manovra, loro invece tacciono in posizione di ossequio al premier. Come se la questione dei diritti umani fosse meno rilevate della questione economica”. Insomma, perfino Paola Binetti ci vede chiaro e gioca sulle fratture interne al Pd. Su tutto ciò, mette una pietra tombale e definitiva Maurizio Sacconi, per il quale il Nuovocentrodestra discuterà di unioni civili “con la determinazione di eliminare ogni possibilità immediata o differita di genitorialità omosessuale”.
Nel Pd, Boschi e Serracchiani parlano d’altro. Roberto Speranza conferma: “nessuno tocchi le adozioni”
Ospite di Giletti su Rai1, la ministra Maria Elena Boschi, non risponde ai suoi colleghi di maggioranza e alle polemiche da loro sollevate. Anzi. Col solito ottimismo, trova il modo per rassicurare tutti, beata lei. “Sulla stepchild adoption ci sono opinioni diverse”, ha affermato in tv la Boschi, “e trasversali. Il Pd probabilmente lascerà libertà di coscienza su questo tema. Non ci saranno rotture del governo e di maggioranza, è possibile trovare un accordo”. Ma come, la relatrice è Monica Cirinnà, senatrice del Pd, che ha lavorato duramente per limare, intenerire, addolcire, cambiare struttura del disegno di legge, proprio per trovare compromessi nel Pd e nella maggioranza ed ora si annuncia libertà di coscienza? È il sintomo di una confusione nello stato maggiore del Pd. Confermata dalle parole di Debora Serracchiani, vicesegretario nazionale, che in occasione della presentazione di ReteDem, guidata da Sergio Lo Giudice, a Milano, ha detto, forse solo per ragioni retoriche e per timore della platea: “Chiediamo a tutte le forze politiche che credono all’opportunità, alla necessità di dare una disciplina alle unioni civili a un Paese che è rimasto fermo al palo. Lo chiediamo alla nostra maggioranza, e se non ci sarà la possibilità da parte di Ncd di votarle ce ne faremo una ragione, ci saranno altre forze politiche pronte a farlo. Credo per esempio potrebbe essere di grande interesse per il M5S, se vogliono finalmente fare qualcosa”. C’è contraddizione politica evidente tra la richiesta di libertà di coscienza per i parlamentari del Pd e l’appello ad altre forze politiche disponibili, vale a dire ai grillini e a Sel, di votare il provvedimento. Roberto Speranza, l’ex capogruppo Pd alla Camera, di area bersaniana mette subito le mani avanti: “Togliere dal testo del ddl Cirinnà la stepchild adoption sarebbe inaccettabile. La legge Cirinnà è un compromesso assolutamente positivo. È fondamentale approvarla subito, ma togliere da quel testo la stepchild adoption sarebbe davvero inaccettabile”. Dunque, par di capire che Speranza abbia delimitato la “linea del fronte” nel diritto di adottare la prole del partner dello stesso sesso. Ma non dice cosa farebbe la minoranza bersaniana qualora per ragioni di opportunità, il premier e segretario Renzi dovesse rinviare l’approvazione della legge al futuro.
I dubbi dei grillini
La replica all’invito di Serracchiani al Movimento 5 Stelle giunge dal capogruppo al Senato, Castaldi, intervistato sul tema a Imola. Ha prima ribadito che interesse del Movimento è di strutturare una legge che confermi i diritti attesi da decenni, ma poi ha lanciato l’atto d’accusa al Partito democratico, di fare melina: “Il sottoscritto ha chiesto di iniziare a discutere la proposta Cirinnà martedì e chiuderla giovedì, è il Pd che non vuole. Quindi le loro sono solo chiacchiere. Il dialogo si apre con le persone perbene e serie, noi di dialoghi con il Pd non ne facciamo. Sui temi sì, e se c’è un tema che condividiamo, lo abbiamo sempre fatto. Però per dialogare dall’altra parte deve esserci una persona onesta e seria e in questa caso non c’è”. Insomma, par di capire che il M5S non si lasci attrarre al buio dalle lusinghe della Serracchiani.
Nel Pd la frattura sul segno di destra della Legge di stabilità pare ormai sancita
Alfredo D’Attorre, uno dei parlamentari di punta della minoranza Dem, accusa esplicitamente la legge di Stabilità non solo di avere un segno nettamente reazionario, ma di aver abbandonato a sé stesso il Sud. Annuncia che non la voterà e forse si prepara ad abbandonare il partito di Renzi. Gianni Cuperlo chiede al ministro Padoan per quale ragione abbia cambiato idea a distanza di pochi mesi sui limiti della circolazione del contante, portati a tremila euro, e bolla come manifestamente sbagliata la legge di Stabilità, e soprattutto ingiusta. Dentro la sua area politica, SinistraDem, pare che si stia elaborando una sorta di manifesto politico per la costruzione di un nuovo soggetto politico, qualora la battaglia sugli emendamenti di minoranza alla legge di Stabilità non dovessero superare lo scoglio della maggioranza. In tv e sui social media, Pierluigi Bersani continua la sua personale guerra contro Renzi, accusato di voler “sfidare l’intelligenza degli italiani”. Sulla sua pagina Facebook, l’ex segretario infatti contesta le affermazioni populiste di Renzi: “Dire che, a parità di welfare, abbassare le tasse è buono e giusto è come dire viva la mamma. Nessuno può obiettare. Ma abbassarle prima di tutti a chi, e come, e per che cosa? Spero sia ancora possibile discuterne. Che cosa vogliamo fare dell’articolo 53 della Costituzione, che parla di progressività? Le norme sulla casa introducono per via di fatto un 53 bis: chi ha di più paga di meno”. Bersani coglie uno dei limiti “filosofici” contenuti nella legge di Stabilità. Molti altri ve ne sono, ma fa bene a richiamare l’articolo 53 della Costituzione. Tuttavia, poiché l’abolizione universale dell’Imu e della Tasi ormai Renzi non potrà rimangiarsela, cosa farà Bersani quando i renziani bocceranno ogni emendamento coerente con l’articolo 53? Non è un caso che dopo la diffusione del post, si siano fatti vivi i tallonatori renziani di professione. La ministra Boschi ha liquidato Bersani con un’alzata di spalle: “Non è la prima volta che Bersani fa polemica su qualcosa”, mentre Ernesto Carbone, renziano della terza ora, perché nella prima e nella seconda era lettiano e rutelliano, dice addirittura che “con Bersani siamo alle barzellette. Citare l’articolo 53 della Costituzione? La prima casa non si paga, ma chi è più ricco paga, eccome se paga. Abbiamo abolito la tassa sulla prima casa, non sulla seconda o la terza”. Ma dinanzi a questo modo abbastanza insulso di replicare, da parte di due esponenti di spicco del renzismo, possibile che Bersani possa ancora subire? Verrebbero in mente le parole dell’orazione di Cicerone su Catilina, quousque tandem abutere? Fino a che punto si potrà sopportare?
L’appello di Nicola Fratoianni a Pescara per la costruzione di un soggetto politico di sinistra unitario
Nel mezzo di questo scenario di totale frantumazione del quadro politico, e in particolare della maggioranza di governo, ecco che invece Nicola Fratoianni, coordinatore di Sel, nell’ambito della due giorni dedicata all’ambiente a Pescara, lancia un accorato appello alle forze di sinistra. “Occorre costruire un soggetto politico con ambizioni di governo, autonomo, alternativo e competitivo rispetto al Pd di Renzi. Le cose possono anche cambiare, ma non possiamo aspettare che Renzi esca di scena o cambi improvvisamente le sue posizioni, per provare a occupare un nuovo spazio politico. Il Pd non è fatto solo di persone di destra, possiamo discutere all’infinito se occorre fare alleanze locali, e a certe condizioni io credo che si possano fare – ha aggiunto Fratoianni – ma il giudizio negativo sul governo Renzi è netto perché nessuno lo ha obbligato a fare questo jobs act o questa legge sulla scuola o questa legge di stabilità”.