Una pistola in tv. Non in un film o in una fiction, ma durante un’intervista. Perché è tanto grave, dopotutto? Si parla del diritto di difendersi dall’assalto dei malviventi, si dimostra solidarietà a chi un’arma l’ha in casa , pronta a sparare contro chiunque violi la proprietà e attenti ai suoi beni e alla sua sicurezza.
In Italia sono detenute legalmente più di un milione e 100mila secondo la stima delllo scorso anno della Polizia di Stato, armi utilizzate in gran parte per caccia o per sport. Appena 20mila sono state acquistate per ragioni di difesa personale. Insomma, non una nazione di pistoleri. Siamo ben lontani dagli USA, dove la mappa della diffusione di armi da fuoco è impressionante: ce ne sono in circolazione dai 270 ai 310 milioni, detenute legalmente o illegalmente.
In pratica una famiglia su tre ne possiede una. E il risultato è palese: “Siamo l’unico Paese moderno al mondo che vede questo tipo di sparatoria quasi ogni mese. Sono diventati una routine” ha detto accorato Obama.
L’idea di potersi difendere da soli per gli americani nasce senza dubbio dai grandi spazi, dall’eredità dei pionieri, dalla storia stessa del Paese. Detto questo ormai il problema del numero delle armi in circolazione negli Stati Uniti è divenuto un problema sociale. ll presidente Usa, Barack Obama,commentando l’ennesima strage causata da civili in possesso di armi da fuoco, ha detto che La violenza provocata dall’eccessiva diffusione di armi in America uccide più del terrorismo.
Obama da anni si batte per una regolamentazione più rigida nella vendita di pistole e fucili, ma si scontra drammaticamente con la lobby delle armi… Questa è certo un’altra storia, ma dal momento che da decenni e decenni rincorriamo gli Stati Uniti nelle mode, nelle tendenze e nella tecnologia, quello che accade laggiù può essere, con le dovute differenze culturali e geografiche, una proiezione di ciò che potrebbe accadere qui da noi.
E’ vero che da noi la legislazione sul possesso di un’arma è incomparabilmente più rigida che in America, ma ciò che preoccupa è il sentire comune, l’evoluzione culturale su questo punto. Se negli USA l’identificazione con lo Stato è abbastanza sviluppata (ho diritto a sparare perché faccio parte dello Stato) in Italia il discorso è piuttosto : lo Stato non è in grado di difendermi, e allora lo faccio da me. Il che porta di fatto ad un Far West più Far West di quello originale.
Per questo è tanto grave mostrare un’arma in TV come fosse normale. È grave per i più giovani , perché possono cominciare a pensare che sia giusto agitare una pistola, un oggetto che invece dovrebbe incutere paura e destare il desiderio di tenersene alla larga. E’ grave perché un gesto così cavalca la frustrazione diffusa che nasce da un lungo periodo di crisi in cui i valori sono sempre più confusi dall’esigenza della sopravvivenza.
Insomma, più pericoloso di quella pistola scarica (bontà sua), il simbolo di una violenza che diventa accettata e giustificata. E forse l’attore di questo show , che aveva come obiettivo rimestare nel razzismo e nella xenofobia, suo malgrado, forse, è andato oltre . Perché l’odio, come la canna di una pistola, può essere rivolto contro chiunque. Che sia un ladro entrato in casa, nero o bianco, un socio in affari che ha tradito. O una donna che ci ha lasciato.
Incitare all’uso delle armi significa questo. Cercare di superare le frustrazioni con l’illusione di essere più forti con una pistola in mano pronta a sparare. Per una volta , invece di rincorrere un modello americano facciamo tesoro della loro esperienza tanto drammatica. Anche se significa , come suggerisce Giuseppe Giulietti, passare al metal detector gli ospiti dei talk show.