Giovanni Spampinato era un giornalista che voleva andare fin dentro le cose, andare fino in fondo, non per diventare un eroe. Voleva solo raccontare, dar spazio a chi leggeva e chi in quegli anni teneva in mano e sfogliava il Giornale L’Ora era di solito una persona che l’informazione corretta ed esatta la pretendeva. Giovanni faceva il corrispondente da Ragusa di questo quotidiano e quindi sapeva che era per un lettore parecchio pretendente, come è giusto che sia, che doveva scrivere. E di cose da scrivere da quella zona di Sicilia orientale in quegli anni Giovanni Spampinato ne aveva da scrivere parecchie.
Ragusa come Trapani. Due città di Sicilia. Una ad occidente, Trapani, l’altra ad Oriente, Ragusa. Negli anni ’70 a Trapani e a Ragusa giravano strani tipi, a Trapani si sequestravano imprenditori, possidenti, ma non solo, venivano a far lezioni di tiro soggetti dell’eversione di destra. Cosa c’entrano i sequestri , la mafia, con l’eversione di destra? Lo spiego’ in un rapporto un dirigente della Squadra Mobile, Giuseppe Peri, invio’ il suo rapporto a una decina di Procure, nessun magistrato fece mai nulla. Decenni dopo si scoprì che all’epoca mafia e terrorismo di destra si servivano in modo reciproco, in quel rapporto il dott. Giuseppe Peri per la prima volta denuncio’ soggetti che anni dopo saranno il gotha di Cosa nostra come i Zizzo ed i Miceli di Salemi, come Vito Gondola, l’anziano pluripregiudicato appena arrestato per essere uno dei più importanti complici di Matteo Messina Denaro.
Anche a Ragusa l’eversione di destra aveva i suoi campi militari, anche a Ragusa tra i magistrati c’era chi si voltava dall’altra parte. La storia di Giovanni Spampinato sta tutta lì dentro. Sta nella forza che Giovanni aveva e che noi giornalisti di oggi dovremmo invidiare, di andare fino in fondo alle cose, anche quando c’è’ da scrivere del figlio di un giudice uso troppo alle armi, tanto forse da avere commesso un delitto, anzi due, perché uno è stato sicuramente quello di Giovanni Spampinato, risolto dalla magistratura grazie alla confessione dell’autore che ha scontato solo otto anni di carcere. Dissero i giudici che l’assassino era un pazzo, niente galera solo il manicomio criminale…ma per soli otto anni. L’assassino si difese dicendo che Giovanni era un pazzo, mi perseguitava disse di lui Roberto Campria, l’assassino che essendo figlio di un presidente di Tribunale si riteneva fosse intoccabile, perché forse il padre così gli aveva fatto credere. Campria forse pazzo non lo è mai stato, certamente la sua vittima, Giovanni Spampinato, pazzo non lo era , era sano e pieno di vita e meritava la vita.
L’ho conosciuto attraverso le parole di Alberto, suo fratello, ma guardando anche le foto che ce lo hanno consegnato profondamente serio, infilato con i suoi 26 anni dentro un vestito grigio. La cosa che mi ha colpito non è però quella foto, ma gli scritti di Giovanni…potrebbero essere usciti così come sono, ancora oggi dalla sua penna. Le combutte e le commistioni in questa terra di Sicilia non sono finite, da Trapani a Ragusa. Non sono finite perché non c’è la mafia…c’è un sistema nel quale c’è anche la mafia. E Giovanni questo lo aveva compreso, e come anni dopo dirà un altro Giovanni , Falcone, si viene uccisi perché magari si è entrati dentro un gioco più grande. Giovanni Spampinato inseguendo le tracce di un assassino questo sistema , che intanto si è fatto più grande perché oggi comprende le banche, la massoneria, ce lo aveva cominciato a raccontare.