Continuare a combattere l’ISIS e bombardare la piccola striscia di terra e il territorio in cui esercita la sua autorità pensando in questo modo di averne definitivamente ragione è frutto di una visione limitata e alla fine perdente e sbagliata oggi. Questa affermazione pura e semplice, che balza nitida davanti agli occhi di chi segua come osservatore e studioso le vicende degli ultimi mesi si ritrova così come è nelle parole di Romano Prodi che, essendo stato in passato presidente dell’IRI, ministro della repubblica, presidente della commissione europea ed avendo tuttora incarichi di esplorazione e di analisi da parte delle Nazioni Unite.
Ad Eugenio Scalfari, fondatore de La Repubblica che ha avuto con lui un incontro amichevole e, se si ha avuto la possibilità in passato come è capitato a chi scrive, di conoscere l’Europa ma anche la Cina, la Russia di Putin e l’Africa maghrebina e subequatoriale, appare con maggiore chiarezza la crisi di epoca che stiamo vivendo e che Prodi ha molto chiara. “Una crisi d’epoca globale perché è la prima volta che investe una società globale. In essa il potere dominante è nelle mani delle grandi reti di informazione, quelle che di fatto dominano Internet. Sono queste le vere multinazionali: arrivano dappertutto e influenzano largamente l’utenza mondiale, i giovani soprattutto.
Ma l’elemento da non perdere di vista è che sono tutte americane senza eccezione alcuna. Questo non significa che siano influenzate dal governo americano, ma riflettono inevitabilmente la società di quel paese-continente, il suo modo di vivere e le sue contraddizioni, i suoi pregi e i suoi difetti. E alla domanda di Scalfari sul perché l’Europa non ha creato multinazionali informative, l’ex presidente della commissione europea dà la risposta che non si può non dare sulle cause strutturali che lo impediscono:” perché i Paesi che ne fanno parte sono disuniti e gli Stati che ne fanno parte se agiscono da soli non sono in grado di farlo.”
Come era prevedibile, i due che dialogano sono entrambi favorevoli alla nascita degli Stati di Europa ma ambedue sono molto scettici sulla realizzazione nei prossimi anni dell’ideale che tutti i padri politici dell’Europa avevano al loro tempo augurato. Perché questo potesse ci vorrebbe un gruppo di Paesi forti o un Paese forte che fossero decisi ad agire in quella direzione e una pubblica opinione che li aiutasse a imboccare quella strada. Ma non si vede ancora traccia di tutto ciò. Il giornalista indica la Germania ma Prodi ricorda che “quel Paese, pur essendo dopo la fine della guerra fredda e l’unificazione delle due Germanie, il più popoloso del Continente e disponendo di alcuni alleati fedeli, ha anche molti avversari”. E neppure questo si può negare.” E, se torniamo a questo punto, sulla forza contraddittoria dello Stato islamico e sulla difficoltà di averne ragione su tutti i piani e non soltanto su quello politico e militare (il che, almeno in parte, sembrerebbe vicino ad avvenire) possiamo trovare proprio nella persistente difficoltà di arrivare agli Stati di Europa una ragione importante della difficoltà di vincere una battaglia che è per molti aspetti ormai decisiva anche per il futuro dell’umanità civilizzata di fronte al fanatismo religioso che sembra essersi impadronito di una parte di due altri continenti come l’Asia e l’Africa. C’è da sperare che chi può si batta fino in fondo contro un simile pericolo.