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Calcio. “Veleno e minacce contro i cronisti”, dice presidente USSI

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Di Dario Lapenta

Luigi Ferrajolo dice che le intimidazioni ai giornalisti sono frequenti e molte provengono da gente in giacca e cravatta

Sono numerose e frequenti le intimidazioni e le minacce ai cronisti sportivi che seguono l’attività delle squadre di calcio. Alcune provengono da tifosi sfegatati e violenti. Ma le più numerose provengono da dirigenti delle società sportive, che ostacolano il lavoro dei cronisti a loro sgraditi, dei giornalisti che non cantano le lodi della loro squadra. Lo fa osservare Luigi Ferrajolo, presidente dell’Unione Stampa Sportiva Italiana (USSI), secondo il quale tutti dovrebbero “impegnarsi di più per togliere dal calcio italiano il tanto veleno che c’è”.

Molte volte ai cronisti che raccontano le cose come stanno, che non fanno fare bella figura ala squadra, viene impedito l’accesso allo stadio, alle tribune, agli spogliatoi, alle conferenze stampa, oppure viene negato o ritirato l’accredito. L’obiettivo è quello di punirli e di convincerli a cambiare atteggiamento.

Sebbene queste intimidazioni siano fatte da gente “in giacca e cravatta”, commenta Luigi Ferrajolo, sono vere e proprie discriminazioni, a volte delle minacce, per quanto subdole e indirette possano essere: come ad esempio la decisione di alcune squadre di concedere l’accredito soltanto a i cronisti iscritti a una tifoseria. Il numero delle intimidazioni sta aumentando, conviene Ferrajolo, che ha accettato di rispondere ad alcune domande di Ossigeno.

Presidente, in questi anni abbiamo registrato diverse intimidazioni a giornalisti che si occupano di calcio. Ultimo tra tutti, è l’episodio di Vera Tv, l’emittente di San Benedetto del Tronto alla quale un cordone di tifosi ha impedito di mandare in onda una trasmissione televisiva sulla serie B. Secondo lei a cosa è dovuta questa situazione?

Ci sono episodi gravi che spesso passano inosservati perché ne sono responsabili tifoserie di squadre conosciute solo in ambito locale. Nelle tifoserie ultras c’è un misto di passione esagerata, di delinquenza e di inciviltà e c’è una mescolanza dei tifosi con gruppi estremisti che rende questi fan le frange più insopportabili del tifo. Questa è una costante in tutti i campionati, da quelli maggiori ai minori. Il calcio si gioca in un contesto piuttosto avvelenato, in un clima caratterizzato da forti tensioni, che a volte si ripercuotono sui cronisti sportivi. Questo avviene, ma è importante sottolineare che la maggior parte delle intimidazioni ai cronisti sportivi non proviene dagli ultras.

Da dove provengono?

Pressioni forti e  di vario tipo provengono dai dirigenti delle società che non sopportano le critiche, i commenti negativi. Vietare l’ingresso ai giornalisti allo stadio e alle tribune stampa o provocare l’ostilità dei calciatori in modo che rifiutino di rilasciare interviste sono forme di condizionamento subdole e indirette, che pesano, anche se provengono da persone in “giacca e cravatta”. Le intimidazioni dei tifosi ci sono, non lo nego, ma per fortuna non sono molto frequenti. Le situazioni più allarmanti si verificano in ambienti ristretti come le città di provincia, dove il lavoro del cronista è più controllabile. Il presidente del Grosseto Calcio, ad esempio, ha negato l’accesso allo stadio a tre cronisti che avevano fatto delle critiche non gradite. Un altro caso simile è accaduto a Messina, dove il dirigente Pietro Lo Monaco ha impedito l’ingresso alle conferenze stampa ad alcuni cronisti. In questi casi l’USSI è intervenuta e ha ottenuto due sentenze di condanna da parte della giustizia sportiva.

Parliamo del caso in cui si obbligano i giornalisti ad avere la tessera del tifoso per ottenere accredito alle tribune. Siete intervenuti in merito con un comunicato. E’ un chiaro ostacolo all’esercizio della professione secondo Lei?

Si tratta certamente di un ostacolo al lavoro dei giornalisti. L’USSI ha avuto modo di discutere della questione con il Viminale che, come ci aspettavamo, ha riconosciuto che i giornalisti non possono e non potranno mai essere equiparati ai tifosi e che le società non hanno alcun diritto di richiedere l’appartenenza a una tifoseria per rilasciare l’accredito. Nei casi in cui questo avviene, ciò accade o perché la società sportiva non è a conoscenza delle regole o perché dietro a questa richiesta si nasconde la volontà di ostacolare il lavoro di un cronista sgradito. Recentemente abbiamo inoltrato una direttiva ai gruppi regionali dell’USSI per ricordare che i giornalisti hanno soltanto il dovere di comunicare la loro presenza per motivi di lavoro per ottenere dalle società un posto in tribuna.

La Lega Calcio, a suo parere, dovrebbe fare qualcosa di più concreto contro le squadre che intimidiscono o discriminano i cronisti? In particolare mi riferisco a 1-quelli che negano l’accredito ad un giornalista dopo un articolo sgradito; 2- quelli che escludono i cronisti da spogliatoi e allenamenti.

Penso che la Federazione della Lega Calcio di serie A, di serie B, C e Dilettanti dovrebbero attuare una politica più decisa e impegnarsi di più per togliere dal calcio italiano il tanto veleno che c’è. Ci vorrebbero iniziative, campagne di persuasione per far capire che il calcio, come gli altri sport, si gioca per godere dello spettacolo delle alte prestazioni e non per sfogare ire, rabbie e problemi estranei a questo contesto. Come si può pensare di escludere dei giornalisti dai luoghi che è necessario frequentare per l’attività di cronaca? Accade perché alcune società credono di avere il diritto di decidere come loro conviene. Ma non è così. I regolamenti ci sono e bisogna rispettarli, è doveroso garantire a un cronista di portare a termine il suo lavoro. Come abbiamo sostenuto con l’appoggio di alcuni studi legali, quando si svolge una manifestazione di interesse pubblico, qual è una partita di calcio, deve sempre essere rispettato il diritto dell’informazione.

L’USSI si è sempre battuta, ha concluso il presidente Ferrajolo, affinché i posti in tribuna stampa siano riservati solo ai giornalisti, i quali hanno il dovere e il diritto di informare i cittadini. Ferrajolo ha concluso che, spesso, le società invece utilizzano i posti della tribuna per dare ingressi di favore agli amici.

DL

Da ossigenoinformazione


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