“Mi sembra di vedere il film per la prima volta!” Questo era il commento più diffuso che aleggiava ieri nella grande sala del Cinema Quattro Fontane di Roma per l’anteprima ufficiale della copia di AMARCORD restaurata dalla Cineteca di Bologna e da L’immagine Ritrovata. Della famiglia Cristaldi, produttrice del capolavoro felliniano, era presente Zeudi Araya, immutabilmente avvenente e da tutti ricordata ancora come l’indimenticabile ragazza dalla “Pelle di luna”. La press agent Patrizia Brandimarte, con un colpo d’occhio all’americana, aveva precettato ragazze formose abbigliate con aderentissimi abitini rossi alla Gradisca, con tanto di basco sgargiante riservato come omaggio alle signore presenti.
Aria di festa e ressa gioiosa all’appuntamento delle otto, a cui non sono mancati i bei nomi del cinema e alcune vecchie glorie, tra cui Franco Nero maggior bersaglio degli eccitati flash dei fotografi. In sala numerosi amici e collaboratori di Fellini: a cominciare da Moraldo Rossi suo primo aiuto già al tempo del Vitelloni, a Piero Servo, storico cameraman, a Loredana Rodiguez interprete del film “Roma” nella sequenza del Teatrino della Barafonda, o l’attrice e scrittrice Marina Ceratto tutta protesa alla preparazione di una mostra grandiosa su Caterina Boratto, sua madre, che verrà inaugurata per le feste di Natale. E infine Antonello Geleng, l’allora giovanissimo aiuto scenografo di Danilo Donati nel film Premio Oscar del 1973.
A fare gli onori di casa, legittimamente emozionato, Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna e massima autorità con il suo Istituto nel campo del recupero dei capolavori di tutti i tempi, avviato a diventare il numero uno nel mondo. Per AMARCORD si è tratto di procedere a un restauro particolarmente delicato, prima nel recupero del negativo originale particolarmente rovinato e quindi nella sua trasposizione in sistema digitale 4K che da ora in poi sarà il master riconosciuto, cioè la matrice, per ogni successiva riproduzione in DVD, Blu Ray o qualsiasi altro sistema futuro. Come di consueto la nostra regione si pone al centro dell’universo cinema, con una sensibilità del tutto singolare verso la Settima Arte, e in particolar modo verso il suo campione indiscutibile, Federico Fellini che nella sua carriera ha conquistato cinque Premi Oscar e proiettato l’Italia nel pantheon del cinema mondiale.
Nella sala gremita sembrava di essere tornati al tempo in cui i grandi film erano capaci di catalizzare il vorace, insaziabile entusiasmo degli spettatori: risate, commozione, numerosi scrosci di applausi a scena aperta. E al termine della proiezione uno spontaneo formarsi di capannelli, nell’atrio o fuori sulla strada, a commentare, discutere, accalorarsi attorno all’opera d’arte del regista riminese capace di rinnovarsi a ogni nuova visione, attuale e intatta attraverso i decenni, le mode, i rivolgimenti culturali: un vero classico della cinematografia, un film atemporale che racconta l’infanzia di ognuno di noi e allo stesso tempo l’infanzia del nostro Paese affrescato negli Anni Trenta, prima della tragedia della guerra, del boom economico, del consumismo. La visionarietà di Fellini che ha ricostruito la sua Rimini nei teatri di Cinecittà, esterni e interni, compreso il passaggio del REX girato nella piscina degli stabilimenti romani con un tocco di divino illusionismo, ha incantato il pubblico. Il perfetto restauro del film e la sapiente modulazione delle luci in ossequio alla fotografia del grandissimo Peppino Rotunno, sono riusciti a restituire un’assoluta fedeltà al sentimento pittorico del Maestro riminese, il quale voleva raccontare al mondo la sua ‘memoria inventata’ con un linguaggio affine alle tavole del Corriere dei Piccoli, o alle strips di Little Nemo disegnate dall’amato Winsor McCay; un impasto di sogno e fantasia, di innocenza e feroce critica della dittatura, di battiti del cuore e struggente senso della famiglia, che solo a un vero poeta dell’immagine può riuscire con tanta intensità.