Dopo lo scandalo dei motori diesel tedeschi, si scopre che anche l’Europa produce emissioni di nazionalismo oltre il limite consentito dalla sua unione. La ripartizione dei migranti – primo vero test di cessione di sovranità nazionale – ha rilevato la resistenza di un nutrito gruppo di paesi dell’est, che sono passati dal comunismo al capitalismo riconvertendo lo stesso massimalismo.
La sfida in atto, così, non è sulla sostenibilità dell’immigrazione, ma dell’unione.
Infatti, un atteggiamento di rifiuto ad oltranza dell’Ungheria e paesi limitrofi verso le decisioni del Consiglio Europeo potrebbe provocare procedure di infrazione e sanzioni a forte impatto politico. E persino una frattura molto vicina ad una uscita dall’Europa. Eppure, nonostante il rischio di Ungherexit, l’Europa non può eludere la sfida che la questione migranti ha portato ai suoi valori costitutivi. Anzi, questo enorme problema potrebbe e dovrebbe fornire finalmente l’occasione per avviare una riflessione sull’essenza della propria unità. Superando il tabù dell’unanimità.