30 anni. Tanti ne sono passati da quando la camorra recise la vita di Giancarlo Siani, spezzandone le speranze, l’entusiasmo, l’idea di un giornalismo al servizio di chi era più debole, di chi non aveva voce, e di nessun altro. Quell’agguato tolse una intelligenza viva e attiva all’impegno civile in favore degli emarginati e contro la criminalità. Dopo 30 anni ripercorri la memoria e gli stessi luoghi , ti guardi intorno , poi provi a voltarti indietro e quasi non ti sembra vero che tutto questo tempo sia passato. Perché pensi a quanto siano stati piccoli e faticosi i passi in avanti e quanto – e dolorose- le sconfitte, e soprattutto a quanto lunga è la strada perché questo mestiere assomigli ai sogni di Giancarlo. Ai sogni di molti di noi, condivisi, fortunatamente ancora da tanti . Ignorati o derisi , se non combattuti da molti di più.
E poi pensi a quello che c’è ancora da fare : a quanto è duro il cammino per arrivare alla verità : su mille e uno misteri che restano tali da anni e su altrettante vicende inaccettabili e oscure che si aggiungono ogni giorno. Nemmeno la ricerca della verità sull’assassinio di Giancarlo Siani è stata facile. Tra mille ostacoli e subdole manovre. Trascorrono 8 anni , dall’85, anno del delitto, al ’93, quando viene consegnata ai giudici la ricostruzione che verrà ratificata dalla Cassazione. Come mai viene perso tutto quel tempo? Ad un certo punto il caso viene perfino considerato risolto, quando in realtà così non è. Errori o piuttosto depistaggi? Per anni circostanze e moventi vengono accostati in modo forzato, stiracchiato, spesso compiendo errori , con divisioni profonde tra investigatori e magistrati attestati su diverse tesi. Le inchieste toccano gli ambienti più vari. Scandagliano ambienti della società napoletana e di Torre Annunziata, per così dire “insospettabili”.
Coinvolgono spesso figure eccellenti, discutibili ed anche criminali. Emergono ambiguità, doppiezze. Infine 15 anni fa si arriva, a fatica, ad una verità giudiziaria, sicuramente non completa, pure accolta come un risultato. Viene sancita nel 2000 dalla sentenza della Cassazione. Si chiude un capitolo della ricerca dei mandanti e degli esecutori tra i camorristi. Un delitto che ad ogni modo indiscutibilmente aveva anche altri ispiratori e beneficiari . Certo è che chi sparò ebbe l’ordine di fermare l’impegno di Giancarlo in un territorio attraversato da conflitti tra clan, un pezzo della Campania in cui era preminente il ruolo dei Nuvoletta e dei Gionta , e dove pure era forte il peso delle cosche di Cosa Nostra siciliana. Un luogo in cui il rapporto tra crimine organizzato e politica era solido ,antico, radicato . Erano molti quelli cui il lavoro e l’intelligenza di Giancarlo davano fastidio. Altrettanti gli interessi che aveva disturbato. Ma poi c’è altro. Come ha ricordato qualche giorno fa Giuseppe Giulietti dal suo blog sul “Fatto Quotidiano” la morte di Giancarlo “ fu accompagnata da un grande cordoglio popolare, ma anche da legittime polemiche per le tante distrazioni, omissioni, collusioni che l’avevano preceduta”. Guai a dimenticarlo.