Prima della tragedia di Aylan ci sono stati gli annunci di Renzi sul taglio delle tasse e in particolare di quelle più odiate, quelle sulla casa: “il 16 dicembre faremo il funerale a Imu e Tasi”. Annunci che dall’Unione Europea non sono stati accolti positivamente tanto da far sostenere al presidente del consiglio italiano che forse a Bruxelles faceva troppo caldo . Nello stesso giorno della scaramuccia tra Palazzo Chigi e Bruxelles, nel pomeriggio del 2 settembre, il sito dell’Ansa ha dato la notizia della morte del piccolo Aylan, raccolto sulla spiaggia turca di Bodrum, motivando la decisione di non pubblicarne la foto.
Come c’era da aspettarsi le foto del corpo del bambino siriano (solo sul bagnasciuga o tra le braccia del poliziotto) la mattina di giovedì 3 settembre erano su quasi tutte le prime pagine dei quotidiani cartacei e aprivano la stragrande maggioranza delle home page dei siti di informazione, rimbalzando in ogni angolo della terra attraverso i profili dei social network. Nel corso della giornata numerosi talk show e programmi di approfondimento, oltre alle varie edizioni dei telegiornali, riportavano quella tragedia che sarebbe stata il simbolo di un’estate che non ha smesso per un solo minuto di essere tragica.
Il premier Renzi nel corso della stessa giornata interveniva richiamando l’Unione Europea alle proprie responsabilità mentre un altro premier, l’ungherese Orban, inveiva contro la stessa Europa sottolineando l’incompetenza dei suoi leader e parlando di minaccia islamica alla cristianità.
Tutto ciò però accadeva e accade in un quadro in cui tutto è concatenato e ogni elemento si evolve in dinamiche interdipendenti. In tal senso, quindi, sul fronte della politica interna nostrana, la sciagura di Aylan, suo malgrado, potrebbe rappresentare una “occasione” per il Governo di procedere sulla propria strada di tagli fiscali senza dover fare i conti, almeno nell’imminente, con l’Unione Europea. Vi è ragione di credere, d’altronde, che le parole usate da Renzi nel pomeriggio di giovedì non fossero casuali, per quanto richiamassero concetti già espressi in precedenza.
Il richiamo contro una Europa che “ti ragiona di spread, della tassa, del bilancio, del codice burocratico” e che non si occupa di affrontare in maniera sistemica un dramma umanitario che da oggi, a causa di quel corpo senza vita su una spiaggia d’Europa, sembra apparire addirittura più tragico di quanto si potesse pensare finora, si rafforza di un significato etico, morale, umanitario che sembra surclassare ogni aspetto politico, economico, finanziario, e persino logistico e operativo. Senza la forza visuale e ideale della morte di Aylan, infatti, nessuna presa di posizione avrebbe potuto considerata credibile e legittima. Si pensi ad esempio alla repentina apertura solidaristica di Angela Merkel dopo il caso del tir con i profughi morti in Austria che non ha resistito alle critiche degli opinion makers, subito bollata come segnale di astuta real politik profondamente intrisa di portata strategica politica e economica.
Nel dopo-Aylan, invece, tutto potrebbe essere diverso. L’Italia potrebbe chiamare l’Ue a concentrasi per affrontare l’ossimoro della ‘emergenza strutturale’ migratoria senza distogliere forze e energie nel perseguimento di “quisquiglie” riguardanti i singoli stati membri, questioni di tenore tutto nazionale e interno come, appunto, le scelte di politica fiscale. Non sappiamo, e nessuno può dire oggi, se il 16 dicembre sarà il funerale di Imu e Tasi ma semmai dovesse essere così sarebbe opportuno che ci si ricordasse di Aylan, di un orrendo sacrificio non voluto, che avrà cambiato il corso di alcuni eventi.