Abbiamo intervistato Alessandro di Nunzio e Diego Gandolfo, vincitori della quarta edizione del Premio Roberto Morrione con la loro inchiesta “Fondi rubati all’agricoltura” (guarda il trailer).
Che effetto fa vincere il premio Roberto Morrione?
E’ stato il coronamento di un’intuizione! Perchè l’istante in cui decidemmo di partecipare fu un’intuizione. Il Premio Morrione indicava come età massima ammissibile per partecipare 31 anni. Ecco, noi stavamo per compierne 31. Ci sembrò l’ultima chiamata, quella “del destino”. Alla luce di quegli istanti, non possiamo che vivere questa vittoria straordinaria con la consapevolezza che, nella vita, bisogna saper intuire, carpire i segnali. E poi provarci, provarci sempre.
Questi 6 mesi di lavoro sull’inchiesta e questi sei mesi con il premio Morrione come sono stati?
Durissimi. Abbiamo faticato molto, ma sentivamo di dover sacrificare una parte di noi. Abitavamo in due posti diversi (Bologna e Favignana), e quindi per costruire l’impalcatura dell’inchiesta passavamo ore e ore su skype. E nel frattempo lavoravamo anche (il nostro lavoro non è quello di giornalisti!). E poi la Sicilia, girarla tutta, a caccia di storie, una Sicilia in ginocchio, spezzata a metà dal crollo dell’autostrada, che rendeva eterni gli spostamenti in macchina. Il tempo scorreva, le storie tardavano ma poi arrivavano, entusiasmi e disperazioni, mentre la scadenza del Premio Morrione era dietro l’angolo.
Perché avete scelto il tema dei fondi rubati all’agricoltura? Come siete arrivati a questa scelta?
Partivamo da un dato di fatto. Perchè nonostante i fondi arrivati in Sicilia gli agricoltori stanno abbandonando la terra? Che fine fanno queste risorse? Crediamo che il mondo dell’agricoltura e quello dei Fondi UE siano stati raccontati molto poco dal giornalismo italiano. Noi abbiamo provato a raccontarli insieme.
C’è qualche cosa dell’inchiesta che, con il senno di poi, fareste in modo diverso?
Spesso si inseguono per mesi piste che poi si rivelano sbagliate. Non è completamente inutile, ma in situazioni di scarsità di denaro e tempo non te lo puoi permettere. Noi nella prima fase dell’inchiesta avevamo preso una strada che poi abbiamo improvvisamente abbandonato. A un certo punto stavamo persino per partire per il Marocco a inseguire alcune storie! Ecco, sicuramente cercheremmo di utilizzare meglio le risorse economiche e la concentrazione.
Proseguirete il lavoro sul tema?
Certamente. Una parte incredibile dell’inchiesta è ancora sepolta tra le carte, freme, scalpita, pretende giustizia, pretende di avere voce. Aspettiamo l’occasione giusta per farla emergere.
Come è stato il rapporto con i tre tutor (Sabrina Giannini, Giulio Vasaturo e Francesco Cavalli) che vi hanno seguito?
Sabrina è stata meravigliosa. Ci ha preso per mano, ci ha donato con generosità e passione infinite tutti i segreti del mestiere, senza mai risparmiarsi. Le sue lezioni hanno un valore inestimabile, e ci accompagneranno per tutta la vita. Francesco è stato un punto di riferimento sin dall’inizio. Grazie a lui il timore iniziale si è trasformato in grinta, organizzazione e lucidità. Giulio Vasaturo ha risolto con prontezza e dedizione circa 250 dubbi legali che sono arrivati durante l’inchiesta. Speriamo di non impegnarlo più così tanto nei prossimi mesi.
Cosa resterà di questa esperienza con il Premio Morrione nelle vostre vite?
Resterà il coraggio che pensavamo di non avere, resterà l’orgoglio di aver raccontato una storia che non era mai stata raccontata, resteranno le lacrime di gioia, resterà il sorriso di Roberto Morrione che immaginiamo contento e soddisfatto di noi, resterà il primo passo con cui inizia un viaggio di mille miglia.
Stiamo per lanciare il prossimo bando, quello della quinta edizione, avete un messaggio per coloro che parteciperanno?
Ci sono un sacco di possibili inchieste da realizzare. Scegliete quelle che possono cambiarvi dentro.