Rai: Campo Dall’Orto rilancia il dibattito sulla mission del servizio pubblico

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Si è assunto una responsabilità di non poco conto il nuovo Direttore Generale della Rai nell’intervista programmatica rilasciata al Foglio perché, mostrando di conoscere a fondo i nodi irrisolti del servizio pubblico, non potrà avvalersi delle attenuanti tradizionalmente accordate ai vertici aziendali di estrazione “profana”.

Sono note le posizioni fortemente critiche espresse, anche in sedi istituzionali, da Articolo 21 verso la riforma della Rai proposta dal Governo e la rielezione dei vertici aziendali con i metodi “lottizzatori” imposti dalla legge Gasparri. Tuttavia, con lo stesso spirito critico e analitico, è doveroso analizzare le considerazioni di Campo Dall’Orto le quali, è bene dirlo subito, rivelano molte analogie con argomenti e proposte di quella parte del fronte riformatore che ha considerato la riforma dell’apparato altrettanto fondamentale della riforma della governance partendo dal presupposto che la Rai non è un autobus la cui direzione di marcia è nelle mani di chi la conduce; piuttosto la si potrebbe paragonare a un tram; se insieme al manovratore non si cambia anche il tracciato delle rotaie, si potrà variare la velocità o il numero delle fermate, ma il percorso e la destinazione rimarranno sempre gli stessi. Sia dunque benvenuto – in linea di principio e a condizione, ovviamente, di valutarne gli esiti – un confronto sulla struttura organizzativa e sul modello produttivo che non si riduca a un mero esercizio di ingegneria aziendale volto a “ottimizzare” l’esistente; pur sapendo che, in assenza di una nuova mission che definisca gli obiettivi della Rai del futuro, ogni piano di riforma è destinato ad avvilirsi in dispute inevitabilmente viziate da preconcetti.

Entrando nel merito delle riflessioni del nuovo Direttore Generale, è senza dubbio apprezzabile l’idea che la Rai non consideri il cittadino-telespettatore una merce da impacchettare e vendere alle agenzie di pubblicità come fanno le televisioni commerciali. (Naturalmente, ciò implica che i ricavi della pubblicità siano destinati al miglioramento della qualità dei programmi e non a creare canali finanziati solo dagli spot).

Rilevanti, inoltre, sono altre affermazioni: che gli ascolti devono pur sempre rappresentare un’ambizione senza tuttavia degenerare in ossessione (e criterio di misura delle carriere); che bisogna smentire il luogo comune secondo cui l’efficienza non può essere la prerogativa di un’azienda pubblica (a condizione, però, che ci si appelli contro sentenze che l’hanno ridotta alla stregua di un Ministero); che si acceleri il passaggio da broadcaster a media company, cioè che la si smetta di ideare e produrre quasi esclusivamente per la messa in onda nazionale ma si progetti, contestualmente, per tutti i media e per il mercato globale (ma questo implica una riorganizzazione per macrogeneri multimediali al posto delle attuali reti, testate e canali monomediali e autarchici); che l’alfabetizzazione digitale degli italiani è una priorità (ci si ricordi di “MediaMente” un programma quotidiano iniziato nel 1995 e inopinatamente soppresso nel 2002); che prendere qualche rischio, anche in termini di sperimentazione, non è un’opzione ma un dovere (ma soprattutto un’opportunità che la tv commerciale non può permettersi).

Molti di questi argomenti affrontati dal nuovo Direttore Generale della Rai sono stati al centro della consultazione pubblica sul rinnovo della Concessione organizzata da Articolo 21 e da Eurovisioni con i convegni del CNEL e di Villa Medici (tra i partecipanti anche l’attuale Presidente) dove fu  lanciata l’idea di un concorso per riscrivere “la carta d’identità della Rai” affidandone il compito agli studenti, dalle scuole elementari alle università. Al termine di un lavoro entusiasmante che ha coinvolto oltre un migliaio di giovani di quasi tutte le regioni, la giuria, presieduta da Sergio Zavoli, ha espresso le proprie valutazioni su una rosa di diciotto finalisti che alla fine del mese di settembre saranno a Roma per consegnare i loro elaborati alla massime cariche dello Stato.

Avremmo piacere se, in tale occasione, i nuovi vertici aziendali vorranno confrontarsi con le idee sulla Rai del futuro elaborate dalla seconda generazione di digital native.


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