Intervista esclusiva al Direttore del Museo del Bardo
Il Museo del Bardo è stato scenario di un evento terribile lo scorso 18 marzo. Lei era presente? Ci può raccontare quei momenti?
Il 18 marzo scorso ero fuori dal museo, ma non lontano dal quartiere del Bardo, ero in una riunione con il direttore generale dell’Institut National du Patrimoine, il direttore dei musei tunisini e con dei colleghi francesi del museo del Louvre a discutere dei progetti di collaborazione fra le nostre istituzioni. Mi hanno telefonato appena hanno sentito i primi spari nel parcheggio davanti al museo. Ci siamo affrettati, io, il direttore generale e il direttore dei musei, in pochi minuti eravamo fuori del recinto che racchiude sia il museo, che l’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo. Si sentivano spari, botti, etc…. da fuori non si capiva che cosa succedeva dentro, era un’angoscia sopratutto quando le ambulanze hanno cominciato a lasciare il museo diretti agli ospedali, erano tante, poi tornavano e uscivano con una frequenza preoccupante….quella mattina del 18 marzo sapevo che c’erano più o meno 300 turisti dentro il museo poi c’erano circa 150 persone del personale sul posto. Sentire quegli spari in modo continuo era insopportabile, pensavo alle vittime, ai feriti, a prescindere della loro nazionalità, in nessun momento ho pensato ai danni che questo attacco terroristico avrebbe causato alle strutture o alle opere del museo. Le colleghe che mi avevano informato dell’inizio dell’attacco, avevano già trovato il modo, con l’aiuto della polizia di uscire da una porta secondaria, ma altri erano ancora dentro, continuavano a chiamarmi dicendo di essere chiusi negli uffici, che avevano paura, che sentivano gli spari e una follia di movimenti nei corridoi… Li pregai di non aprire a nessuno e dissi loro che avevo informato la polizia della situazione. Mentre cercavano coi loro collaboratori di mantenere la gente a distanza, alcuni ufficiali del Ministero degli Interni ci hanno lasciato vicino a loro, me stesso, il direttore generale e il direttore dei musei, dicendo che ci avrebbero fatto entrare appena l’attacco sarebbe finito. Da fuori si continuava a sentire gli spari in modo continuo, La folla diventava mostruosa, i giornalisti ovunque, si sentiva raccontare varie versioni dei fatti, di un numero di vittime che faceva paura, di un numero di terroristi pazzesco…il tutto sarebbe durato circa 2 ore. Si saprà dopo che l’attacco dei terroristi aveva durato 3-4 minuti nel parcheggio davanti al museo e altrettanto dentro il museo. Le forze speciali erano dentro il museo dopo meno di 10 minuti dall’inizio dell’attacco terroristico, per dire che tutti quegli spari era proprio la guerra fra i terroristi e le forze dell’ordine. Appena arrivata la notizia dell’uccisione dei terroristi, i servizi del Ministero degli interni ci hanno fatto entrare da una porta che dava sull’Assemblea comunicante col museo. Attraversando il parcheggio e arrivando all’ingresso principale (porta vitrea), lo scenario era orrendo… una strage. Sangue dappertutto, corpi di vittime ancora per terra. Una tristezza e un dolore immenso. Non si sapeva ancora il numero esatto delle vittime, il mio pensiero era con quei corpi senza anima, andava anche a quelli che dentro il museo hanno perso la vita, volevo entrare, ma non potevo perché la polizia stavano ancora lavorando sul luogo del crimine. Poi è arrivata la signora Latifa Lakhdar, Ministro della Cultura ed era determinata a fare il sopraluogo. A quel momento ci hanno fatto entrare, io, il Ministro, il direttore generale e il direttore dei musei. Salivamo al primo piano,…. difficile dimenticare quei primi momenti dentro il museo, poco tempo dopo l’attacco terroristico. Uno scenario tremendo, dei corpi senza anima coperti ma erano ancora li, sangue, tanto sangue e odore di sangue, tracce dei proiettili dappertutto….in quel momento era anche difficile descrivere il vero sentimento,…mi sentivo il cuore straziato, un dolore immenso, ma anche una rabbia, sentivo le lacrime e soffrivo la tristezza dell’anima, non potevo ammettere che tutto quello che vedevo fosse dovuto all’inumanità dell’Uomo….dove stiamo andando cosi, quando la vita doveva essere il dono divino più prezioso… Da quel giorno certe immagini e un dolore immenso non mi hanno più lasciato.
Ultimamente si legge della proposta della città di Lampedusa di voler ospitare alcune opere del Museo del Bardo per dar vita a un “Museo della Fiducia”. Cosa ne pensa a riguardo? È un modo per salvaguardare le opere d’arte o serve anche a dare un messaggio di solidarietà tra il mondo occidentale e quello arabo?
Lampedusa, l’Italia, la Tunisia, sono braccia aperte per accogliere l’altro. È una iniziativa che deve essere accolta e sostenuta, e non si fa altro che esprimere in una maniere particolare la fraternità e la solidarietà. Le opere del Museo del Bardo sono patrimonio che condividiamo con gli altri popoli del Mediterraneo e sopratutto con quelli della culla delle civiltà, Lampedusa e l’Italia. Una maniera di dare l’esempio di ciò che deve esistere fra i popoli, la solidarietà e la tolleranza, è anche in questo modo che si possono combattere estremismo e intolleranza, che si può proteggere l’Uomo dal suo lato inumano. Oggi, purtroppo l’estremismo e le violenze spingono le persone a lasciare il loro paese e tutti sanno il ruolo storico di Lampedusa nell’accogliere gente sofferente.
Nimrud, Hatra, Palmira e molti altri. Perché, secondo lei, lo Stato Islamico vuole distruggere la storia e la cultura dell’umanità?
Lei ha detto bene, la storia e la cultura dell’umanità e non di un paese. Tutta l’umanità è erede di un patrimonio culturale, perché si tratta della storia della civiltà dove l’attore è sempre l’essere umano. Nel mondo della cultura non ci sono barriere, anzi la cultura le cancella e ci permette di costruire ponti là dove non ci sono, di incontrare il prossimo di arricchirsi dall’incontro dell’altro e sopratutto quando questo è “diverso”. La cultura dell’umanità, cioè l’insieme delle culture umane traducono l’evoluzione dell’Uomo, del suo pensiero, delle sue idee, delle scienze, del sapere e dell’intelligenza. Questo è il mondo della cultura. Lo Stato Islamico, ma non solo, l’estremismo in generale, è invece il mondo dell’ignoranza e di patologie mentali. Basta pensare che con questi gruppi estremisti privale il lato inumano e si combatte tutto ciò che rappresenta la diversità e la tolleranza, a cominciare dalla storia e dalla cultura dell’umanità. Negli attentati terroristici, gli attori sono sempre persone che hanno perso il senso della vita, avvolti da un’ignoranza e disposti a eseguire un ordine in un modo cieco, distruggere una opera d’arte o uccidere persone diventa la stessa cosa, nel momento che l’altro è il nemico con la sua storia e con la sua cultura. Preservare la memoria, la storia e la cultura dell’umanità affinché tali violenze non si ripetano mai più, per preservare l’essere umano, affiché prevalga sempre il suo lato umano, la ragione. Il perché di tutta questa violenza e questi delitti ai danni della storia e della cultura dell’umanità non mi sembra facile spiegare, e personalmente penso che tutto ciò che vediamo ogni giorno è solo l’apparenza violenta di un mondo più complicato che approfitta della tecnologia moderna e della già complicata organizzazione economica mondiale dove il traffico illecito di tutto (armi, stupefacenti, e anche esseri umani, etc…) è controllato da quelli che vedono solo la loro ragione. Non dobbiamo perciò separare vittime di atti terroristici, profughi o immigranti clandestini che nel mare hanno perso la vita. Oggi tutto quello che si fa a nome dello Stato Islamico ha per motivo il desiderio di creare panico e angoscia per dominare. Ma personalmente credo anche che là dove il cosiddetto Stato Islamico si esprime e impone la sua legge, è sinonimo di come la storia e la cultura siano state marginalizzate per imporre una storia e un cultura su misura. Regimi politici terroristici che per generazioni hanno sottomesso i popoli e contato molto sull’ignoranza. Siamo dunque nella continuità, la base ideologica è la stessa, un solo modello politico, una sola idea valida, una sola storia e una sola cultura, tutto il resto viene rifiutato, distrutto e cancellato.
Lei è ad Assisi, Patrimonio Mondiale UNESCO, in occasione del Cortile di Francesco. Qual è l’importanza di preservare il passato in previsione del futuro?
Sono stato invitato ad Assisi in occasione del Cortile di Francesco, evento che si terrà dal 23 al 27 settembre, e mi è stata data un’opportunità di ammirare uno straordinario Patrimonio Mondiale UNESCO che l’Italia condivide con il resto del mondo. La nostra missione è quella di trasmetterlo alle generazioni successive. Siamo un tappa nella storia dell’umanità e non dobbiamo costituire una rottura. A parte questo, il nostro compito è quello di aggiungere e arricchire il patrimonio, di preservarlo in modo che si amplifichi la coscienza del valore del’essere umano. Il rispetto del passato ci insegna la necessità del rispetto dell’altro e dei valori umani universali come la tolleranza e l’accoglienza. Oggi, più che mai, in questo mondo dove l’estremismo e le violenze crescono in modo preoccupante per il futuro, la cultura ha un ruolo fondamentale perché è l’unico mezzo che favorisce la pace in modo concreto e protegge l’uomo dal suo lato inumano.
Enzo Fortunato
Direttore della Rivista
Da sanfrancesco
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