Ma proprio all’ora prefissata ecco che sopra schermo, palco e spettatori si è velocemente addensato un cielo pieno di lampi e tuoni. E il cielo ha difatti colpito con due scrosci di pioggia violenti e intimidatori. Ma non aveva fatto i conti con la tenacia di Lea e anche, diciamolo, con la tenacia della platea – composta in buona parte da signore che “allora c’erano” (e che le armi non le hanno deposte mai) accompagnate da figlie, amiche e pure qualche solidale compagno – che non sono fuggite. Così alla fine il tempo burbero si è fatto benefico ed ha acconsentito a che la serata proseguisse, felice ed asciutta. La pratica femminista, i gruppi, la scuola non autoritaria, il corpo delle donne, le casalinghe alle150 ore, le manifestazioni, l’autocoscienza, i giornali del movimento, il separatismo sì e no, i libri, via Dogana, Cicip&Ciciap … E poi i luoghi e i nomi del confronto milanese.
Prima di proiettare tutto questo o per lo meno una sintesi dei sette cortometraggi, c’è stato il tempo per una breve presentazione di Didi e per due domande rivolte da Marina a Lea. Che rispondendo di non avere nè nostalgia nè rammarico… anche perchè quelle battaglie sono attualissime “e forse oggi ce n’è ancor più bisogno”, e ricordandole in parte, ha poi parlato di Carloforte, sull’isola di San Pietro, nell’estremo sudovest della Sardegna. Qui, dov’era sino alla sera precedente, dove aveva trascorso non solo l’estate, ma tutte le estati degli ultimi quarant’anni, nel 1975 si tenne la prima “vacanza femminista”. Un piccolo paradiso eletto a luogo di incontri e relazioni nazionali ed internazionali fra donne. Un’agorà di fatto. Uno spazio di confronto orizzontale.
Lea è giornalista, “pubblicista, bada ben!” ci tiene a precisare, e sui giornalisti che han scritto di femminismo ne ha da raccontare delle belle. Come di quel cronista del Corriere che intervistò lei ed altre, ma fu evidentemente cosa inutile, poichè poi scrisse una serie di articoli con ricca fantasia. Sino al pezzo finale in cui, escluso dalla partecipazione al Primo incontro di Paestum del Femminismo italiano (1976), si vendicò immaginandole tutte in riva la mare intente ad un sabba delle streghe… I tempi sono cambiati. Ora il Corriere della Sera ha la Ventisettesima Ora (27esimaora.corriere.it) che è la parte più innovativa del quotidiano. Ma davvero sono cambiati? Si sa che scacciato da qua il diavolo rispunta di là. Si veda la recentissima polemica su come, di una atleta medaglia d’oro, l’articolo dedicato descriva minutamente soprattutto il look. E questo spiega perchè, mi dice Lea, c’è tanta resistenza da parte delle “storiche” a farsi intervistare.
Eh, siamo in cammino. Ma per il femminismo la vera storia è proprio il cammino.