Napoli, Rione Sanità. Assurto alla cronaca per problematiche di emarginazione sociale e sotto-occupazione o conosciuto quale location dei film Ieri, oggi, domani o L’oro di Napoli, il Rione Sanità – il cuore pulsate della città di Napoli – fin dall’antichità fu adibito a luogo di sepoltura: la composizione tufacea della roccia e l’estraneità al territorio cittadino fanno di questo quartiere il “rione sotterraneo”, ricco di ipogei ellenistici, catacombe e cimiteri celati. E visto che dove ci sono i morti ci sono i Santi e quindi i miracoli, ecco spiegata la salubrità della zona, menzionata nell’etimo del nome.
Le catacombe di San Gaudioso e di San Severo, il celebre ossario del cimitero delle Fontanelle e le catacombe di San Gennaro sono i più famosi siti cimiteriali presenti nel territorio, ma Napoli, e il Rione Sanità in particolare, è ricca di sepolcreti sotterranei, che per importanza archeologica e artistica sono secondi solo a quelli della capitale. Le Catacombe di San Gennaro, nello specifico, rappresentano una vera e propria città sotterranea che si estende per circa 5.800 mq. Si articolano su due livelli e sono mimetizzate tra le scale, i balconi e le ringhiere dei palazzi dei rione. Nate dalla fusione di alcuni ipogei gentilizi ricavati nel costone tufaceo tra la fine del II secolo d.C. e gli inizi del successivo, le catacombe, a partire del III secolo, divennero cimitero comunitario cristiano e luogo di culto per la presenza delle venerate spoglie dei vescovi Agrippino e poi l’amatissimo Gennaro: sepolto, rubato, traslato e poi di ritorno a Napoli. A rendere particolarmente avvincente il tour nelle catacombe, oltre alla competenza delle guide dalla cooperativa “La Paranza” e al giusto dosaggio delle luci – per creare l’effetto scenico fiaccole/ombre/luci – c’è il percorso tattile per i non vedenti e ipovedenti. Per una volta il “divieto di toccare” è sostituito dal principio di “esplorare col tatto” per scoprire con i sensi le varie tipologie di sepoltura e lucerne e gli affreschi. Questi ultimi sono infatti riprodotti su supporti tattili in rame e latta, che ricalcano particolari degli affreschi. Stupenda è l’immagine della piccola Nonnosa sepolta con la mamma Ilaritas e il papà Theotecnus in uno dei cubiculi laterali della Basilica Maior. L’immagine della bimba di due anni – centrale nell’affresco del primo arcosolio a sinistra – è stata riprodotta a rilievo dalla Cooperativa “Iron Angels” (anche questa: cooperativa del luogo, nata per il riscatto sociale ed economico del territorio) che ha realizzato – e donato – tutti i supporti tattili del progetto “Mani in Arte”: iniziativa nata – con l’ausilio dell’università Suor Orsola Benincasa – al fine di promuovere la conoscenza del patrimonio storico-artistico cittadino attraverso itinerari fruibili da tutti.
Non solo le Catacombe di San Gennaro, ma anche il Duomo e la Cappella del Tesoro di San Gennaro, la Certosa di San Martino, il Palazzo Reale e il Museo Archeologico Nazionale saranno coinvolte nel progetto. A breve, Museo di Capodimonte e il Chiostro di Santa Chiara. Toccare e non guardare è una cosa da provare!, slogan dell’iniziativa che almeno una volta al mese prevede visite guidate ad hoc con guide dell’UNIVOC- Unione Nazionale Italiana Volontari Pro Ciechi. È comunque sempre fruibile il percorso tattile e multisensoriale, avallato dalle tavole tiflotecniche che riproducono affreschi e oggetti vari di corredo funerario. Bellissimo è il bassorilievo in metallo a sbalzo riproducente l’immagine del Cristo Pantocreatore all’estremità del vestibolo superiore, trai d’union tra il nucleo primitivo delle catacombe (il livello inferiore risalente al II secolo) e la basilica superiore (del IV-V secolo).