La sfida di Papa Francesco alla povertà

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Quello che Papa Francesco inizia domani e che lo porterà prima a Cuba e poi negli Stati Uniti è un viaggio carico di attese, di significati e di sfide. La tappa cubana inizialmente non era prevista, ed è stata aggiunta anche a motivo del disgelo tra l’Avana e Washington, propiziato dalla paziente diplomazia della Santa Sede. L’isola caraibica, dove la Chiesa locale cerca di favorire la transizione verso un futuro più aperto e democratico, rientra nelle mete tipiche del pontificato di Bergoglio, che preferisce innanzitutto viaggiare in Paesi magari piccoli, nei quali la sua presenza possa contribuire ad avviare o a consolidare processi positivi: così è stato per la visita dello scorso luglio in Ecuador, Bolivia e Paraguay. Così sarà il prossimo novembre in Africa.
Francesco è il terzo Papa in diciassette anni ad atterrare all’Avana, dopo lo storico viaggio di Giovanni Paolo II accolto da Fidel Castro, e quello più recente di Benedetto XVI, nel 2012. Come già è accaduto durante i due precedenti pontificati la Santa Sede continua a chiedere che si ponga fine all’embargo economico, causa di impoverimento della popolazione. Ognuna di queste trasferte papali è stata accompagnata da polemiche per ciò che il Papa diceva o non diceva, e per i mancati incontri con i leader della dissidenza cubana. Al contrario dei Papi che lo hanno preceduto, Francesco ha dalla sua parte la provenienza latinoamericana e un’attenzione particolare nel suo magistero ai temi della povertà e della giustizia sociale. Pur non avendo mai visitato l’isola caraibica, ne conosce bene la situazione e ha anche ricevuto in Vaticano, la vedova del dissidente Oswaldo Payá, morto in un sospetto incidente d’auto nel luglio 2012.
Di segno molto diverso la visita negli Stati Uniti, motivata dall’incontro mondiale delle famiglie a Filadefia. Non è un mistero che proprio da commentatori e intellettuali statunitensi, anche cattolici, siano venute alcune delle critiche più aspre verso Francesco, che a loro dire non avrebbe compreso l’importanza del capitalismo a stelle e strisce. Il Papa non ha mai messo in discussione il mercato libero né il capitalismo, non ha offerto nuove ricette economiche. Ha chiesto invece con forza cambiamenti strutturali a quell’«economia che uccide», cioè al sistema economico-finanziario che idolatra il denaro e che provoca esclusione e scarto. Le sue osservazioni e le sue domande sull’attuale modello di sviluppo sono state considerate eccessive da quanti ritengono che il compito della Chiesa sia quello di impegnarsi innanzitutto e soprattutto in battaglie culturali sui temi della vita e della famiglia. Come se la lotta alla povertà, l’impegno per un’economia più giusta e per la salvaguardia del creato da lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti non facesse parte della difesa della vita. Arrivando negli Stati Uniti, Paese che non ha mai visitato prima in vita sua, Francesco parlerà al Congresso, un privilegio mai concesso ai suoi predecessori. Sarà accolto alla Casa Bianca da Barack Obama, parlerà alle Nazioni Unite. Il figlio di immigrati italiani, il Papa latinoamericano come i tanti latinos che tentano di varcare la frontiera statunitense alla ricerca di un futuro migliore, parlerà nel Paese delle libertà e delle opportunità fondato e reso grande da migranti. Un Paese grande e potente sulla scena internazionale, al quale Francesco chiederà maggiore impegno per la pace nel mondo e minore interventismo bellico.

Ma sarebbe un errore considerare quella politica come la cifra saliente di un viaggio eminentemente pastorale: Francesco vuole innanzitutto abbracciare fedeli e popolo cubano e nordamericano, indicando con i gesti prima ancora che con le parole l’importanza di quella «conversione pastorale» da lui suggerita a tutta la Chiesa, la cui importanza è stata ben compresa dal Dipartimento di Stato e dalla Casa Bianca, come attestano i documenti riservati pubblicati nei giorni scorsi dalla Stampa: gli incontri con le famiglie, con i senzatetto, con i carcerati, con i migranti saranno un esempio di questo e costituiranno il cuore del suo messaggio. (ANDREA TORNIELLI, Vatican Insider) 

Da sanfrancesco
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