Il PD ha trovato la quadra sulla riforma del Senato, e che io sia contento o meno della soluzione individuata conta poco e ancor meno interessa. Quel che importa è che sia contento Renzi, che anche la Boschi lo sia e che lo sia pure Bersani. Tutti felici: nel parlamentino del Nazareno s’è deciso come sarà la nuova Costituzione.
Giusto? Beh, non proprio. Per quanto di maggioranza, finanche assoluta o consistente, l’idea che la discussione sull’assetto del sistema di governo sia un affare di equilibri fra correnti e rapporti interni a una sola forza politica non è proprio normale, non credete? Nell’ipotesi che questa fosse la migliore delle riforme possibili, e non lo è, o quella per la quale io da sempre mi fossi battuto, e non lo è, la circostanza d’essere il prodotto di una discussione quasi esclusivamente di parte, e di partito, non sarebbe comunque sufficientemente rassicurante, quando non fosse potenzialmente preoccupante. Se non altro, per l’effetto “precedente” che potrebbe costituire (quando si dice “costituenti”, appunto).
Ovviamente, di tutte queste considerazioni, le attuali leve del potere renziano e le schiere plaudenti della società renzizzata faranno poltiglia buona per la narrazione continua del bene contro il male, della speranza contro la paura, dei “giovani che vogliono cambiare il Paese, contro i vecchi gufi, rosiconi e professionisti della tartina che li vogliono fermare”, anche se molti di quei giovani sono più vecchi di me e di tartine ai convegni facciano incetta ben più del sottoscritto.
Spero, sebbene non me lo auguri, che un simile atteggiamento lo abbiano allorquando dovesse capitare che a cambiare Costituzione e forma di governo a propria immagine e volontà dovesse essere qualcuno che loro dicono di avversare e temere. D’altronde, se è lecito che il PD di Renzi decida in una sua riunione quale profilo dare alle istituzioni di tutti, perché non dovrebbe esserlo se a farlo fosse la Lega di Salvini o il M5S di Grillo?