Sedici anni di cui 5 vissuti per strada a Dar es Salaam, in Tanzania, con in testa l’idea di diventare una modella. Poi l’incontro con l’associazione Makini e il progetto “Art against poverty” di Cefa onlus. Grazie alle fotografie realizzate da Gabriele Fiolo, Mariam ha sfilato alla Swahili Fashion Week
BOLOGNA – Dalla strada alla passerella. È il percorso compiuto da Mariam, 16 anni, di cui 5 vissuti per le strade di Dar es Salaam, capitale della Tanzania. “Sono nata nella regione di Mwanza (nel Nord Ovest del Paese, ndr), mio padre è morto quando ero ancora nella pancia di mia madre e lei è morta in seguito a complicazioni durante il parto cesareo – racconta – Non li ho mai conosciuti e la mia vita è stata un vero incubo: i parenti dei miei genitori hanno litigato su chi avrebbe dovuto tenermi e non appena ne ho avuto la possibilità ho rubato in casa i soldi per pagarmi il viaggio fino a Dar es Salaam e sono scappata”.
Era il 2010 e per quasi 5 anni, Mariam ha vissuto per strada “affrontando il rischio di abusi e violenze e dormendo sui marciapiedi”. Poi nel 2014 l’incontro con Nyakwesi, una delle fondatrici dell’associazione Makini (una parola kiswahili che significa ‘stare attenti’) che lavora con i ragazzi di strada, coinvolgendoli attraverso la danza e il teatro e proponendo loro corsi di formazione. È stato grazie a lei se Mariam ha potuto finalmente lasciare la strada (ora vive con la sua amica Aziza in una stanza affittata da Makini) e capire che cosa fare della sua vita. “Mi ha detto che sarei potuta diventare una modella, il mio sogno da quando avevo 5 anni, mi ha chiesto di iniziare a seguire i corsi del centro e di non sprecare il mio futuro sulla strada – dice Mariam – All’inizio ho pensato che fosse una perdita di tempo, che anche lei fosse come tutti gli altri che vengono da noi, ci dicono un sacco di bugie e ci usano e basta. Ma dopo 2 settimane, Nyakwesi ha mandato una ragazza a prendermi. Ho capito che le sue intenzioni erano buone e ho iniziato a frequentare il centro”. È stato così che Mariam ha incontrato Cefa onlus, è stata coinvolta nel progetto “Art against poverty” e grazie agli scatti del fotografo Gabriele Fiolo ha partecipato nel dicembre 2014 alla Swahili Fashion Week, il più importante evento legato alla moda dell’Africa centroorientale, indossando gli abiti della stilista Husna. “Sono tornato più volte in Tanzania da allora – racconta Fiolo che segue i progetti di Cefa onlus da diverso tempo – e non sono mai riuscito a incontrare Mariam, perché era sempre impegnata con qualche lavoro o corso”.
Promosso dalla ong bolognese Cefa onlus, in collaborazione con Vijana Vipaji Foundation di Dar es Salaam e Cultural Video Foundation di Nairobi, e finanziato dall’Unione europea e dal segretario Acp attraverso la linea di bando Cultures+ per favorire lo sviluppo del settore culturale nelle aree di Africa, Caraibi e Pacifico, il progetto “Art against poverty” ha coinvolto 300 giovani artisti di Nairobi (Kenya) e Dar es Salaam (Tanzania) con l’obiettivo di trasformare la loro arte in una fonte di reddito. “Noi abbiamo scelto di coinvolgere nel progetto gli artisti più vulnerabili, quelli di strada e i disabili, persone con un grande talento ma che non hanno la possibilità di accedere a corsi professionalizzanti che permettano loro di fare un salto di qualità nella loro arte”, spiega Marina Mazzoni, responsabile del progetto per Cefa che da 8 anni vive in Tanzania e ha raccontato i risultati del progetto in un reportage uscito sull’ultimo numero di Nigrizia. “Qui l’economia informale è molto diffusa e fare il musicista equivale a fare qualsiasi altro lavoro – continua – Spesso questi artisti oltre a suonare, ballare o fare teatro gestiscono piccoli business (biashara ndogo ndogo), come vendere olio di girasole e verdure che arrivano dai villaggi o rivendono vestiti usati”.
Alla call per artisti fatta da Cefa per le strade delle due città e su Internet hanno risposto in 400 solo dalla Tanzania, ne sono stati scelti 150 a Dar es Salaam e altrettanti a Nairobi, dove la onlus ha un’altra sede. Gli artisti selezionati hanno seguito corsi di formazione con fotografi, musicisti, coreografi e workshop per imparare a scrivere un curriculum, fare una presentazione e imparare l’inglese. Per tutti loro è stata fatta una application di partecipazione nei festival dei 2 Paesi e anche all’estero e un video di presentazione su Youtube. Gabriele Fiolo, inoltre, ha realizzato per ognuno di loro il ‘composit’, un cartoncino con una fotografia dell’artista o dei suoi lavori sul fronte e un collage di 5 o 6 immagini sul retro, con i contatti, una sorta di biglietto da visita. Il feedback del progetto è positivo. “Gli artisti coinvolti hanno fatto un cambio di livello, hanno avuto visibilità e la possibilità di contratti, senza dimenticare le ricadute in termini di benessere sociale”, conclude Mazzoni. C’è chi ha avuto la possibilità di fare i casting e sfilare come Mariam, altri hanno vinto residenze artistiche o ha ottenuto contratti di lavoro. (lp)