Ha svelato cosa succede ai «migranti della vendemmia», tra le filari di grappoli dorati in provincia di Asti, a Canelli. Riccardo Coletti, 33 anni, collaboratore della Stampa ha capito che non è più al sicuro e che la sua presenza lì non è gradita. O meglio non da tutti. Perché se con i migranti, pagati dai 3 ai 5 euro l’ora in nero, Riccardo riesce a parlare e farsi raccontare le loro storie, è con i caporali che le cose si complicano.
È evidente che il lavoro di Coletti disturbi gli affari criminali e il “regolare svolgimento” dello sfruttamento quotidiano di decine e decine di persone disperate e senza alternativa; inevitabile che la cronaca di quel che accade durante e dopo il lavoro dei migranti, dia molto fastidio. Ma tra l’allontanare a male parole un giornalista e il minacciarlo c’è una grossa differenza. Non solo per la gravità del gesto ma anche perché le intimidazioni non sono un gesto spontaneo ma ponderato, hanno un mandante che non è dato sapere chi sia. Almeno per ora.
Al momento i fatti sono che il cronista, dopo essere stato tra i migranti della vendemmia per farsi raccontare le condizioni in cui sono costretti a vivere, torna all’automobile e la trova danneggiata. Poi due uomini con accento dell’est (stesso accento della maggior parte dei lavoratori sfruttati e fatti dormire all’aperto senza un riparo), che lo aspettano sotto la sua abitazione. Gli intimano di «non andare più a Canelli finché c’è la vendemmia», finché c’è da delinquere e sfruttare le persone insomma.
Forse a qualcuno farà rabbia sapere che i due uomini dell’est erano, ad aspettare Riccardo, seduti in una BMW. Quello che davvero deve indignare però è pensare che chi ha realmente minacciato il cronista sia stato non un caporale, non un uomo dell’est che sfrutta la sua stessa gente ma uno di noi, un italiano. I caporali, gli uomini mandati ad avvertire il giornalista, non sono di certo i proprietari degli opulenti terreni italiani. Sono delle pedine sottoposte a loro volta agli ordini di personaggi la cui nazionalità è quella italiana.
Italiano è il sapore del vino che beviamo, così come italiano è il sapore delle intimidazioni ricevute da Coletti.
Articolo21, che nel diffondere la notizia vuole sostenere il cronista della Stampa, gli augura buon lavoro visto che Riccardo ha detto di voler continuare a fare il suo lavoro e, grazie anche alla protezione che i Carabienieri di Canelli gli hanno prontamente dato, continuerà a raccontare, come ha sempre fatto, ciò che vede.