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Il grande business della cooperazione internazionale e delle emergenze umanitarie

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Dopo aver trascorso gli ultimi 40 anni della sua vita a gestire progetti per conto della ONG che ha contribuito a fondare, alla soglia della pensione Tarcisio Arrighini decide di raccogliere le proprie riflessioni e critiche sul mondo della cooperazione internazionale e farne un libro edito quest’anno da Diabasis.

Il mercato degli aiuti. Gli ultimi 40 anni del mondo della cooperazione internazionale parte con un pro-memoria, un preambolo, una introduzione, una avvertenza generale, alcune dediche e commemorazioni, un antefatto e quando il lettore pensa di esser ormai giunto alla lettura del libro che ha comprato deve sorbirsi un lungo e dettagliato resoconto della vita e delle opere del padre missionario Bernardo Longo, indicato dall’autore come il precursore delle ONG.

Se l’intento di Arrighini è quello di impressionare chi legge raccontando delle gloriose gesta di questo e di altri padri missionari, definiti «martiri della tradizione della chiesa… impegnati ad annunciare il Vangelo nelle regioni più impervie dell’Africa equatoriale» ha fallito in quanto sortisce l’effetto opposto, indisponendo il lettore al quale nella quarta di copertina è stata promessa la «analisi lucida e spietata dei movimenti economici che si celano dietro al mondo degli aiuti umanitari».

Più che una “analisi lucida e spietata” il libro di Arrighini sembra la trascrizione di un libero sfogo neanche troppo obiettivo servito ad alleggerirsi di qualche sassolino nella scarpa e indotto in alcuni casi dalla «invidia» che «è un peccato tremendo, me ne rendo conto, non perché lo dica il Vangelo, ma proprio perché al suo interno ha un tarlo che ti rode e rovina l’esistenza umana, ed è proprio per limitare i danni che l’affronto a viso aperto: sono invidioso di Gino Strada, ecco l’ho detta tutta!»

Di critiche l’autore ne ha per molti ma per Emergency e per il suo fondatore sembra nutrire una vera e propria avversione generata dal fatto che sono «tanti, tantissimi anni in giro per il mondo, a far lo stesso mestiere di Gin Way, anzi, pardon, molto meglio, perché la gran parte delle ONG italiane sono una cosa seria, che lavorano tanto e fanno poco casino, sanno cosa è sviluppo e cosa è assistenza (concetti ostici a Gin Way), e mica si concedono giorno e notte alle interviste o mandano i loro santoni a salvare sequestrati e trattare con i talebani, tantissimi anni dicevo tra Africa Oriente America Latina ti affinano un sesto senso che aiuta a distinguere la gente seria dai gigioni in cerca di gloria».

È sicuramente utile saper distinguere la gente seria dai “gigioni in cerca di gloria”. «Non so, ma mi sto convincendo che Gin Way fa anche i miracoli, visto che ha guarito 2.500.000 feriti da guerra dalla sua nascita (1999), altro che Gesù Cristo in Galilea!»

Per Arrighini è impossibile che siano stati guariti 2.500.000 di feriti di guerra e per dimostrarlo fa un rapido calcolo in base al quale lavorando anche sabato, domenica e festivi e operando su trenta pazienti al giorno Emergency avrebbe dovuto impiegare 232 anni. Indicando come anno di nascita dell’organizzazione il 1999 ne deduce che i conti non tornano. Ciò che Arrighini non prende in considerazione nel suo computo è il numero di strutture ospedaliere nonché quello di medici e volontari che operano, anche contemporaneamente, per l’ONG fondata da Gino Strada.

A gennaio di quest’anno Strada ha dichiarato: «In riferimento alle missioni di pace, il bilancio di Emergency ha dei numeri terribili. Più di 25 mila feriti curati. È chiaro che la guerra non è lo strumento adatto per fare trasmettere la pace». Sul sito di Emergency si legge che questa «è un’associazione italiana indipendente e neutrale, nata nel 1994 per offrire cure medico-chirurgiche gratuite e di elevata qualità alle vittime delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà», che «l’impegno umanitario di Emergency è possibile grazie al contributo di migliaia di volontari e sostenitori» e ancora «dalla sua nascita a oggi, Emergency  ha curato oltre 6 milioni di persone in 16 Paesi». Emergency non il suo fondatore.

Sempre online e sempre sul sito dell’organizzazione è possibile visionare i bilanci di Emergency  dal 1999 al 2014. In quello chiuso al 31 dicembre 2014 si può leggere un dettagliato resoconto dei progetti portati avanti, delle visite e delle prestazioni mediche effettuate nonché dello staff nazionale, o per dirla diversamente locale, impiegato.

Per Tarcisio Arrighini le Organizzazioni non governative (ONG) che operano nel settore della cooperazione e dello sviluppo internazionale non devono o non dovrebbero prendere finanziamenti privati, non devono o non dovrebbero fare pubblicità sui media come una qualsiasi altra azienda in quanto loro, le ONG, sono altro. Le vie di finanziamento che ritiene percorribili sono l’auto-tassazione dei soci e i fondi pubblici. Solo così, secondo Arrighini, questi organismi possono essere certi di portare avanti progetti strutturali e validi e non incorrere nella illegalità. A testimonianza delle sue parole riporta anche un episodio verificatosi in passato allorquando sarebbe stato avvicinato da alcuni narcotrafficanti i quali gli avrebbero offerto un finanziamento prontamente rifiutato. L’episodio viene narrato all’interno del libro all’incirca in questo modo, senza riferimenti precisi al luogo, al modo, ai tempi…

Suscitò un certo scalpore mediatico la decisione di Gino Strada di rinunciare alla quota di 3 miliardi e mezzo di lire destinata ad Emergency dal governo italiano. Strada in quell’occasione affermò: «Non potevamo accettare, per curare le vittime, soldi dalla stessa istituzione che ha dichiarato una guerra a quel Paese e che quindi sta contribuendo a creare vittime», mentre Sergio Marelli, presidente Associazione ONG Italia, è «convinto che questi siano i soldi dei cittadini italiani e non del governo. Il nostro governo è solamente chiamato doverosamente a gestirli al meglio». Il che può essere valido per gli organismi governativi, legati al governo e quindi ai cittadini che esso rappresenta. Ma le associazioni non governative non dovrebbero essere altro? Non dovrebbero essere indipendenti e autonome anche rispetto ai vari governi?

Per Arrighini sembra essere vero il contrario.

«Privilegiare le donazioni dei canali privati, come sta di fatto facendo la comunità europea, all’insegna conclamata, e solo tale, del risparmio pubblico, è un pessimo servizio ai cittadini cui tali fondi appartengono, poiché significa paradossalmente, aumentare il tasso di incontrollabilità degli aiuti stessi.»

Un altro bersaglio su cui Arrighini ha puntato il suo mirino è la trasmissione Report condotta in studio da Milena Gabanelli andata in onda il 22 ottobre del 2002 con il titolo molto esplicativo di “Organismi non governabili”, durante la quale, secondo l’autore, si è fatto di tutta l’erba un fascio e a rimetterci sono state le piccole e serie ONG, come la sua.

In realtà il discorso portato avanti dai giornalisti di Report è articolato e a supporto delle tesi e dei fatti narrati vengono prodotte immagini e letti dati molto chiari. Esempi di malagestione e in alcuni casi anche di malafede che il pubblico merita di conoscere. Ovvio che non è sempre così.

Paradossalmente il punto su cui la trasmissione televisiva cerca di focalizzare l’attenzione del suo pubblico è il medesimo di Arrighini: i pericoli del condizionamento mediatico dell’opinione pubblica.

L’attenzione del pubblico si sposta dove vanno le telecamere e i giornali ed è lì che arrivano finanziamenti e donazioni a iosa con il rischio, divenuto troppo spesso realtà, che in altri luoghi, egualmente bisognosi di aiuto, spente le telecamere crolla il livello di attenzione e di interesse e crollano anche i finanziamenti e le donazioni. Prima e diretta conseguenza di tutto ciò è l’abbandono o la sospensione dei progetti intrapresi, che vengono lasciati incompiuti per iniziarne degli altri dove si è spostata l’attenzione internazionale.

Possibile che nessuno abbia previsto nei contratti dei vari progetti l’obbligo di portarli a termine?

Inoltre non si è mica obbligati a lasciare incompiuto il progetto che si stava seguendo, gli operatori di una ONG dichiaratisi votati al volontariato e alla cooperazione allo sviluppo, potrebbero anche non scegliere di seguire i riflettori e il flusso di denaro.

In più occasioni nel testo Arrighini lamenta la disparità di trattamento economico dei cooperanti e dei volontari rispetto ai funzionari dei ministeri o degli organismi governativi internazionali. Lui afferma che lo stipendio medio di un cooperante si aggira intorno ai 1.500 euro mensili contro i 10-15.000 percepiti dai vari funzionari. Per l’autore questi volontari meriterebbero maggiori gratifiche economiche sia perché sono stati ben preparati per i compiti che andranno a svolgere sia per il fatto che saranno costretti a stare in posti lontano da casa e in condizioni avverse anche per diversi mesi di seguito.

Nel corso della narrazione Arrighini ritorna più volte, con vanto, a parlare dei corsi di preparazione per volontari e cooperanti gestiti dalla sua ONG e frequentati anche dagli adepti di altre organizzazioni.

Andree Katter, parroco di Lungi, Sierra Leone, ai microfoni del giornalista di Report afferma: «La gente vede i membri delle ONG che se ne vanno in spiaggia a sollazzarsi negli orari di ufficio e per buona parte del tempo scorrazzano di qua e di là a bordo delle loro Toyota. E allora mi chiedo: se spendi tutti quei soldi in automobili che cosa rimane per la gente? Perché se sei al servizio della gente comune devi tenere uno standard che tenta almeno un po’ di avvicinarsi a quello di coloro con cui interagisci. Se vieni qui vantando grandi progetti altruisti e poi sprechi denaro utile a realizzarli per vivere nel lusso… allora hai fallito l’obiettivo».

Padre Chema Caballero, missionario saveriano, sempre ai microfoni di Report dice: «Perché ci sono tante prostitute qui in Sierra Leone? Sulle spiagge? Perché c’é un mercato per quello. Chi è la gente che usa queste ragazze? Non sono i sierraleonesi. Sono la gente che lavora per le ONG, sono la gente delle Nazioni Unite, sono i soldati inglesi che sono qua, sono quelli che possono pagare 100 dollari a una ragazza», e l’autore del servizio gli fa da eco: «Purtroppo non è difficile trovare conferme a queste denunce».

Ancora padre Caballero ci ricorda che «le stesse agenzie, le stesse NGO, che usano le ragazze prostitute saranno forse quelle che dicono “c’è bisogno di fare un progetto per aiutare queste ragazze prostitute”. È tutto un sistema un po’ marcio, forse!»

Per quanto concerne il trattamento economico riservato a cooperanti, volontari e funzionari Ebenezer King, funzionario ONG Sierra Leone, indica una possibilità alternativa che renderebbe frutti decisamente migliori in termini di cooperazione e sviluppo: «L’organizzazione italiana francese o americana, porta qua il suo personale e lo paga 4.000 dollari al mese. Se prendessero un professionista locale, per lo stesso lavoro lo pagherebbero 400 dollari, questo significa che per ogni espatriato puoi pagare 10 stipendi a gente della Sierra Leone. Questa è cooperazione. Invece usano i soldi per sistemare la loro occupazione non la nostra!»

Stando ai risultati di un’inchiesta condotta da Repubblica nel 2011 «Le ONG che operano all’estero sono circa 40.000. In molti casi le ONG hanno capacità finanziarie superiori a quelle di alcuni Stati, tanto che c’è chi le definisce vere e proprie multinazionali della solidarietà.»

Per Tarcisio Arrighini il modo corretto di fare cooperazione allo sviluppo è quello adottato dalla sua ONG, la GVC. Nel testo Il mercato degli aiuti. Gli ultimi 40 anni del mondo della cooperazione internazionale però non va oltre questa affermazione. Visitando il sito dell’organizzazione la prima cosa che salta all’occhio sulla home page è la richiesta di donazioni. «Tutti hanno diritto a una vita dignitosa. Noi crediamo e lavoriamo per questo, qualunque sia il costo. Contribuisci anche tu.»

I post in evidenza sono una carrellata dei progetti portati avanti dall’organizzazione, visitandoli finalmente si trovano indicazioni sul lavoro svolto dagli operatori della ONG e a seguire i riferimenti per una eventuale donazione a favore della causa.

Le indicazioni sulla nascita e sulla storia dell’organizzazione nonché il video informativo sono molto simili a quanto si trova scritto nella parte introduttiva del libro di Arrighini.

Osservare talune immagini, forti e incisive, porta inevitabilmente a pensare di dover per forza fare qualcosa per colmare almeno in parte l’orrore delle ingiustizie che avanzano in questo mondo, nel quale il divario tra Nord e Sud si fa sempre più ampio, dove la forbice tra ricchi e poveri si allarga a dismisura, dove guerre e povertà diffusa non lasciano scampo alcuno a troppe persone, vittime innocenti di un sistema marcio che usa pietà e solidarietà per nascondere i suoi reali scopi. Non si può portare avanti un discorso sulla cooperazione e sulla solidarietà però ignorando l’ingente flusso di denaro che muove la compassione, prescindendo dal fatto che nulla potrà mai cambiare fino a quando le economie forti resteranno tali e prevaricheranno diritti umani e ambientali in nome di un progresso e di uno sviluppo che in genere riguarda solo il portafogli di pochi e gli introiti finanziari di altri. Con oltre 40.000 associazioni non governative, quasi un migliaio di organizzazioni governative internazionali, milioni di milioni di capitali pubblici e privati mossi  non possiamo più fingere di non vedere che i poveri nel mondo non fanno che aumentare, al pari di profughi e rifugiati. E non sarà certo l’aumento del numero delle organizzazioni, governative o non governative, o dell’entità dei finanziamenti, pubblici o privati, la strada che ci condurrà verso la soluzione. Chi afferma il contrario o non ha ben compreso di cosa si sta parlando o sta sognando.


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