Bisogna attendere ancora poco più di un mese ma il 20 ottobre – o nei giorni immediatamente successivi – la Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso di Aldo Moro, rapito e poi ucciso dalle Brigate Rosse con la complicità dei servizi di sicurezza italiano e americano, e probabilmente – per quel che sappiamo dagli archivi europei – della intera Nato, consegnerà un documento intermedio per il lavoro svolto fino a questo momento (18 mesi di lavoro, 42 audizioni, 50 sedute per 82 ore successive).
Ci sono alcuni misteri ancora irrisolti. Tra di essi quello del bar Olivetti, situato proprio di fronte al luogo dell’agguato e quel giorno-secondo le indagini svolte successivamente chiuso quel giorno per lavori. Il presidente della Commissione Fioroni, del partito democratico, ha già detto che è stato trovato in quel bar un intreccio sorprendente di elementi che legherebbe i proprietari del l’epoca e la grande criminalità romana dedita al traffico delle armi e al riciclaggio del denaro illecito. Importante sembra la testimonianza di don Mennini, confessore di Moro, che ha confermato l’esistenza di un canale “di ritorno” nelle comunicazioni tra le Brigate Rosse e l’esterno.
Dalla ricostruzione compiuta per la perizia balistica si è potuto accertare che gli spari venivano non soltanto da sinistra ma anche da destra. ” Certamente – afferma Miguel Gotor – ci fu un killer che sparò molto più degli altri e che sparò a raffica, a caso non proprio il superkiller a cui pensavamo. A me nessuno mi convincerà che le vicende di via Gradoli (18 marzo) e del Lago della Duchessa (18 aprile) siano slegate tra loro.” E Gero Grassi, vice-presidente dei deputati democratici impegnati nella commissione, critica la ricostruzione di tutta la vicenda attraverso il memoriale di Morucci che “è una ricostruzione quasi del tutto falsa della vicenda”. Del resto, già in precedenza, due storici, Angelo Ventura nel suo libro su Il problema storico del terrorismo e De Lutiis nella sua Storia dei servizi segreti avevano chiarito che “nei mesi nei quali maturò e fu eseguito il sequestro Moro, in Italia non vi fu in pratica nessun servizio segreto preposto alla lotta contro l’eversione interna.
Mentre nel Sismi restavano in servizio tutti i funzionari coinvolti nelle trame della strategia della tensione, solo cinque funzionari dell’ex SID di Santillo affiancarono il generale Grassini.” E i tre capi dei servizi riformati, Santovito, Grassini e il capo del Secis, Pelosi, risulteranno tutti iscritti alla lista coperta P2 di Licio Gelli.