Barcellona. Vittoria ampiamente annunciata degli indipendentisti catalani. Si apre un teso dibattito sul diritto alla secessione

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Di Pino Salerno

Il risultato delle elezioni regionali catalane era ampiamente previsto, con la vittoria delle due formazioni politiche schierate apertamente per un programma secessionista della regione con capitale Barcellona dalla Spagna. Tuttavia, nonostante la notevole partecipazione al voto, solo in termini di seggi le due formazioni possono contare sulla maggioranza assoluta che consentirà loro di governare, perché in termini di voti assoluti non raggiungono che il 47,8%. Il Parlamento regionale catalano è costituito da 135 seggi. Col voto di domenica, 62 seggi sono stati attribuiti a Insieme per il sì (Junts pel Sì), la formazione creata ad hoc dal presidente catalano uscente Arturo Mas, mentre 10 sono stati assegnati a Cup, l’Unità popolare di estrema sinistra pro-indipendenza. Già da lunedì avranno inizio i colloqui per la formazione, non semplicissima, del futuro governo catalano, perché le distanze tra le due formazioni, in termini di governo complessivo della regione, appaiono più che evidenti, e l’unico collante resta l’impegno della eventuale indizione di un Referendum indipendentista tra 18 mesi, che però la Costituzione spagnola non ammette. La situazione, in realtà, è più complessa e articolata di quanto sembri. Il punto politico sostanziale è che una fortissima minoranza di catalani, di poco  inferiore alla metà, ha lanciato un segnale “indipendentista” al governo centrale di Madrid guidato dal popolare Rajoy. L’altro dato rilevante delle elezioni catalane è proprio la pesante sconfitta dei Popolari del premier che perdono ben 8 seggi, da 19 del 2012 a 11 del 2015, e rappresentano ormai una forza politica del tutto residuale, e il successo di Ciudadanos, il partito di Centro costituito pochi anni fa, che con 25 seggi rappresenta la vera alternativa antisecessionista della regione. I socialisti catalani non riescono a reggere l’urto del dibattito secessionista e pur avendo confermato i voti del 2012 in termini assoluti, 520.000, perdono ben 4 seggi. Più difficile da analizzare il risultato di Podemos, che alle elezioni amministrative conquistò molti sindaci, e fece sensazione per la eccezionale vittoria a Barcellona. La formazione guidata Pablo Iglesias si è presentata alle elezioni catalane con una lista dal nome un po’ vago di Catalunya Sì que es Pot (una sorta di traduzione catalana di Podemos), imbarcando pezzi di Izquierda Unida e di liste civiche. Ha ottenuto 365.000 circa, il 9% scarso e 11 seggi, ben al di sotto delle attese, come confessa lo stesso Iglesias, che ora teme una ripercussione sulle elezioni generali di dicembre prossimo.

Il presidente della Generalitat catalana, Arturo Mas ha esclamato, sventolando la bandiera a strisce giallo-rosse della Catalogna: “Abbiamo vinto. Oggi ci sono state due vittorie – ha vinto il sì e ha vinto la democrazia”. È da anni che Arturo Mas si dedica al progetto indipendentista della Catalogna, chiedendo un referendum che non è ammesso dalla Costituzione, e ha trasformato queste elezioni regionali in una sorta di plebiscito per l’indipendenza, un progetto che è riuscito a metà: per soli 6 seggi, data la configurazione maggioritaria della legge elettorale catalana, non è riuscito a conquistare la maggioranza assoluta. Mas si è poi rivolto ai leader europei e del mondo: “chiediamo che il mondo riconosca la vittoria della Catalogna e la vittoria del sì. Abbiamo vinto e questo ci dà una forza enorme per spingere in avanti il progetto indipendentista”.

Molti commentatori di rilievo in Spagna, alla luce di questi risultati hanno già avvertito delle enormi difficoltà che il voto di domenica porrà non solo al governo centrale e al prossimo Parlamento di Madrid, ma alla stessa regione catalana. La forte collisione tra Barcellona e Madrid, sancita col voto, è piena di incognite e di rischi, si affrettano a scrivere analisti e commentatori. Il governo di Barcellona tenterà un colpo di mano verso l’indipendenza, scrivono in modo abbastanza unanime, ma il risultato di domenica non apre affatto a passi irreversibili. Se si dovesse arrivare ad una sorta di Dichiarazione d’indipendenza della Catalogna, difficilmente sarebbe riconosciuta dal consesso mondiale, a partire proprio dalla Unione Europea e dagli stati europei. E non solo. Lo stesso Mariano Rajoy, premier ancora per qualche mese, ha annunciato che opporrà all’indipendenza catalana tutto ciò che il Diritto spagnolo gli consentirà di fare.

Da jobsnews

 


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