Era da più di un anno, marzo 2014, che la città di Qamishlo, nel Rojava, non subiva attacchi di alcun tipo. Invece a metà mattinata di mercoledì 19 agosto un’autobomba è esplosa in una delle porte della città, causando una decina di morti tra civili e Asayish di guardia al varco. Distrutto l’edificio che li ospita. Qamishlo si trova nel nord della Siria sotto il completo controllo curdo. Una città che non sembra neppure essere in un territorio di guerra. Ci sono i negozi aperti, il mercato affollato a ogni ora, ristoranti colmi di gente e un gran traffico di auto. Ognuna di queste prima di entrare in città è controllata al check-point fino che le da accesso alla città. E’ proprio all’altezza di uno di questi è esplosa l’autobomba. Isis ha già rivendicato l’attentato con la solita tempestiva brutalità. Gli Asayish sono giovani, ragazzi e ragazze che si arruolano volontari in questo che è un corpo addetto al controllo della sicurezza nelle città. In Rojava sono tutti coinvolti in questa che non è solo resistenza armata, è anche rivoluzione. Tutti ne fanno parte.
Se in Rojava la giornata è stata segnata da questo drammatico evento, nel Kurdistan turco sta accadendo ciò che era nell’aria. La repressione del governo di Erdogan non solo non si ferma ma anzi s’inasprisce sempre più. A Silvan nei giorni scorsi sono morte undici persone. A Lice, a Varto, a Yuksekova ci sono continui scontri che vanno avanti dal fine settimana e molte case sono state demolite. Si parla di diversi feriti ma potrebbero esserci altre vittime. Nei villaggi non si può più entrare, anche se si è residenti. Al contrario si vedono tante persone fuggire dai centri dove hanno abitato fino ad ora. La paura che possa ripetersi ciò che già è accaduto prende il sopravvento. I villaggi attorno a Diyarbakir hanno subito un pesante bombardamento da parte dell’aviazione turca. La situazione non che peggiorare visto che sui social network i soldati turchi postano immagini di combattenti Ypj uccise sul confine. La cosa non è passata inosservata.
Anche a Istanbul la voce della protesta contro questi attacchi nei villaggi curdi, che possono trascinare la Turchia in una guerra civile, sono stati repressi dalla polizia con la consueta fermezza. In tutto il Paese si è arrivati all’arresto non solo di simpatizzanti della causa, ma addirittura anche di esponenti dell’Hdp o del DBP, i quali hanno da giorni rinunciato all’immunità. In carcere sono finiti alcuni sindaci e amministratori locali. Operazioni dell’esercito turco, anche nei villaggi di Badina, Baska, Casan, Badan, Gulige. Si parla di luoghi dove l’Hdp ha raccolto l’ottanta per cento dei consensi alle ultime elezioni.