“Non sarà che, per quanto disponibile al dialogo, il sindacato più flessibile è quello che non c’è?”, si chiede Paolo Griseri alla fine del suo articolo di ieri per la Repubblica sul Ferragosto al lavoro dei dipendenti della Electrolux di Susegana, nel trevigiano. I fatti veneti son presto detti.
Alla ditta, servivano 500 frigoriferi in più per soddisfare le richieste dell’Ikea di modelli “Cairo” per le proprie cucine. L’Electrolux ha impianti capaci di realizzare 800mila pezzi finiti all’anno, ma per quei cinquecento non c’era altra possibilità che il weekend agostano per quei lavoratori in quello stabilimento. Curioso, no? Per sondare e trovare le disponibilità necessarie, almeno un centinaio, al turno festivo, l’azienda ha condotto le trattative singolarmente con gli operai, saltando la discussione con le rappresentanze sindacali. Pure questo è strano, non trovate? Infatti, i sindacati hanno eccepito non sulle necessità “straordinarie” (ripeto, 500 frigoriferi su 800.000 annui, grosso modo un quinto di quello che la Electrolux produce in una giornata media nei propri stabilimenti), ma sulle modalità di accordo e trattativa individuale. Strambi i sindacalisti, vero?
In questi giorni, a proposito di quanto accaduto alla Electrolux, ho letto e sentito diverse critiche alle rimostranze di quei rappresentanti sindacali. In sostanza, si dice: “quella fabbrica stava per chiudere e delocalizzare la produzione, ora dà nuovamente lavoro e voi vorreste criticare la necessità di lavorare a Ferragosto? Non lavorano forse i dipendenti dei ristoranti e degli stabilimenti balneari in quel giorno? Non sono aperti sempre gli ipermercati e i centri commerciali? È con quei comportamenti che il sindacato si condanna all’estinzione”. Sarà, ma io la vedo diversamente.
Perché dire “la fabbrica rischiava di chiudere, avete difeso il lavoro, non protestate se capita di dover lavorare nei festivi”, e un po’ come sostenere che chi ha un’occupazione, non protesti per le condizioni lavorative, che fuori è pieno di disoccupati. Eppure, è quello che si sente, in questo caso, nella vicenda dell’assemblea sindacale a Pompei, per gli insegnanti costretti ad accettare un posto ovunque in Italia: “avete un posto fisso, a milleduecento euro al mese, vorreste anche i diritti?”. Beh, sì. E pure le fragole, oltre al pane.
Inoltre, la trattativa condotta individualmente con i dipendenti alla ricerca di quanti fossero disponibili al turno festivo, sembra ragionevole, ma è la fine della rappresentanza organizzata nella fabbrica, e anche della democratizzazione dei rapporti. Ci saranno sempre millemila motivi per cui un singolo accetterebbe condizioni di lavoro peggiorative rispetto ai propri colleghi, e l’azienda sarà sempre più forte nei rapporti con esso; tutto ciò non fa altro che spingere la contrattazione a ribasso, perché pur di lavorare io potrei ogni volta rilanciare con il padrone, offrendo il mio lavoro a cento euro in meno e rinunciando a qualche diritto, feste e ferie comprese, dando vita a una sorta di dumping endogeno sotto forma di concorrenza a ribasso fra i lavoratori.
Infine, se la logica è “che sarà mai lavorare a Ferragosto”, poi verrà quella “che sarà mai una giornata in più, magari sottratta alle ferie”, “che sarà mai un mese in più, da aggiungere senza retribuzione a un contratto precario quale viatico per il rinnovo”, “che sarà mai un anno in più, prima, e per, andare in pensione ”. Insomma, se otto ore vi sembran poche, facciamo nove, che sarà mai.