Monica Maggioni, direttrice di RaiNews24, è stata indicata dall’assemblea degli azionisti quale nuovo presidente della tv pubblica. Pur prendendo atto della scelta di una giornalista che ha fatto tutto il suo percorso professionale da interna Rai, il giudizio di Fnsi e Usigrai sul rinnovo della dirigenza della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo resta negativo: “Non ci piaceva il metodo ieri, continua a non piacerci oggi”, scrivono in una nota congiunta.
L’assemblea degli azioni della Rai ha indicato per il nuovo Cda Monica Maggioni e Marco Fortis. Maggioni, attuale direttrice di RaiNews24, è anche stata designata per la carica di presidente. Fnsi e Usigrai, che avevano già espresso un giudizio negativo circa il metodo di elezione del nuovo Cda della tv pubblica, commentano con nuove aspre critiche le due nomine governative.
“Non ci piaceva il metodo ieri, continua a non piacerci oggi”, scrivono in una nota congiunta Federazione nazionale della Stampa e sindacato dei giornalisti Rai.
“Per questo, pur prendendo atto che la scelta per la Presidente è caduta su una giornalista che ha fatto tutto il suo percorso professionale da interna Rai, resta ferma – ribadisce il sindacato – la critica per la totale assenza di chiarezza sul mandato del nuovo gruppo dirigente”.
“Per di più – incalzano Fnsi e Usigrai – il tutto ora è aggravato dall’incertezza sulla interpretazione delle norme sui pensionati in Cda. E qualunque sarà l’interpretazione definitiva questo Cda parte a marcia ridotta”.
Per le giornaliste e giornalisti Rai è “inaccettabile questa politica destinata a spegnere la Rai Servizio Pubblico, anche – conclude la nota – a causa dei silenzi, delle incertezze e delle non scelte, come denunciato da Fnsi e Usigrai da molti mesi”.
Resta valido, dunque, quanto dichiarato in merito all’elezione dei sette membri di competenza della Commissione di Vigilanza dal segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso: “Il metodo è sbagliato e rischia di produrre conseguenze pericolose per il futuro della Rai e del Servizio pubblico radiotelevisivo. Governo e Parlamento hanno perso l’occasione di riformare il sistema, a partire dalla soluzione di nodi strutturali come i conflitti di interessi e l’assenza di efficaci norme antitrust”.