«Quando si prende la strada della legge Gasparri è inutile mettersi a dare pagelle ai consiglieri». Beppe Giulietti, già deputato di lungo corso e prima sindacalista Rai, da sempre colonna delle battaglie per la libertà di stampa, portavoce e fondatore del’’associazione Articolo 21 (insieme all’indimenticato Federico Orlando, scomparso l’anno scorso proprio in questi giorni), ragiona del nuovo cda Rai. Ma premette che «io sono fuori, non sto con i renziani né con gli antirenziani, parlo senza astio e sono stanco di essere indicato come un estremista». Quando negli scorsi giorni ha visto circolare il suo nome come papabile consigliere Rai, in quota sinistra Pd ma non solo, ha scritto una letterina alle agenzie ringraziando ma declinando: «Non ci sono le condizioni politiche necessarie». Ora aggiunge: «Per le nomine è stato utilizzato un metodo vecchissimo, che ha già prodotto risultati nefasti. E in più il governo Renzi ha perso l’ambizione di liberarsi di un sistema medievale di organizzazione del settore».
Si spieghi: non avrebbe voluto entrare nel cda Rai?
Ma per fare cosa? Con quale missione? Ricordo di essere stato in un gruppo parlamentare (Ds, ndr) dove tutti, senza distinzione, giudicammo la Gasparri una delle leggi berlusconissime, di quelle che segnano un passaggio. E così la pensavano i colleghi della Margherita. E a guidare la battaglia contro la Gasparri non c’era Giulietti, ma Paolo Gentiloni, che oggi è un ministro del governo. E Veltroni, Bersani, e anche Carlo Rognoni, esponente della componente di Morando, che poi ha scritto un libro su quella legge, e che è stato consulente dell’attuale sottosegretario Giacomelli. La Gasparri era uno dei pochi punti sui cui nel centrosinistra si era tutti d’accordo nel parlare di torsione costituzionale e democratica, di ritorno a una Rai controllata dall’esecutivo in difformità alle sentenze della Corte. Per di più la legge conteneva un’altra metastasi, il Sic, il Sistema integrato delle comunicazioni, che alterava i tetti antitrust.
E all’epoca eravate tutti contro.
Sì, e non fu una battaglia minoritaria. Si schierarono tutti i costituzionalisti ma anche tutti gli editori e tanta parte dell’industria del cinema e dell’audiovisivo, oltreché le associazioni dei giornalisti. Una battaglia maggioritaria. Si arrivò a manifestazioni di piazza.
E la Gasparri è ancora viva e vegeta. Tutto archiviato?
Peggio. Oggi incontro parlamentari del Pd che mi dicono: diciamoci la verità, la Gasparri non era poi così male. Il tutto per giustificare la rinuncia alla riforma del sistema e l’utilizzo in gran fretta della legge berlusconissima per nominare un cda purché sia ’affidabile’. È triste, ma soprattutto pericoloso.
Perché pericoloso?
Intanto è intollerabile che chiunque ricordi battaglie comuni fatte e esprimere banali critiche viene liquidato come disfattista e rosicone. E comunque io mi sarò illuso, ma Renzi aveva promesso ben altro.
Renzi potrebbe replicare: la mia riforma non me l’hanno fatta fare.
Questa è una panzana dell’ultima ora. Se voleva fare una legge poteva iniziare a discuterne prima. Che il cda Rai avesse una scadenza si sapeva da quando è stato eletto. E poi che fretta c’era di fare le nomine? C’era un direttore generale, Gubitosi, non certo vicino alla sinistra, che ha realizzato gli obiettivi: l’obiettivo Raiway, l’obiettivo cassa. E poi un governo che ha messo la fiducia sulla legge elettorale non era in grado di portare a casa un provvedimento sulla Rai? È Renzi che ha detto che non era più tollerabile governare la Rai con una legge che portava il nome del ministro Gasparri. E che bisognava restituire la Rai ai cittadini.
E secondo lei cos’è successo?
Inizia il lavoro. Il gruppo di Giacomelli arriva alla conclusione che ci vuole la separazione fra indirizzo e gestione, modello Bbc. La famosa ’gestione duale’. Io condivido, ma soprattutto anche Movimento 5 stelle, Sel e Scelta civica hanno progetti simili. E allora perché viene scartata l’idea, e questa proposta non arriva mai in parlamento, e si cerca a tutti i costi una convergenza con Forza Italia? Perché per l’ennesima volta si cerca il coinvolgimento pieno di una forza che non vuole toccare la Gasparri e il Sic?
Perché c’è un Nazareno per la Rai?
Non lo so, so che non molto tempo fa contro la Gasparri c’era una grande convergenza, che a guidare questo movimento c’erano elementi dell’attuale governo, allora moderati e oggi renziani. E alle camere arriva invece una Gasparri bis.
Come giudica il nuovo cda appena nominato?
Ma non serve dare le pagelle: una volta che scegli la Gasparri, la strada è una e dà frutti velenosi. Si può fare l’appello alla società civile, l’ho fatto anche io, ma il punto è che Renzi ha rinunciato a presentare un’ipotesi di radicale riforma del sistema radiotelevisivo e ha scorporato solo la fonte di nomina della Rai. E la proposta che ha presentato è spaventosamente uguale a quella che c’era prima. Infatti alla fine l’ha lasciata e per fare prima ha usato la Gasparri. Io so bene che Freccero è un genio della tv, ma per il resto più grave della qualità dei consiglieri c’è il fatto che non hanno un mandato editoriale e industriale. Devono potenziare la Rai? Svenderla? Privatizzarla? Il governo non fa neanche finta di dirlo. E perché il tema del canone non è stato deciso contestualmente? Un modo di strangolare il servizio pubblico è dire ’ogni anno trattiamo i soldi a seconda di come vi comportate’.
Credeva che Renzi avrebbe fatto la Bbc?
Io sto ai fatti. La Boschi aveva detto: luglio sarà il mese del conflitto di interessi. Luglio è passato e non è stato il mese del conflitto di interessi, agosto è stato il mese del ritorno alla Gasparri, e della riforma Rai non si parla più. È chiaro che uno si pone la domanda: ma perché?
* Fonte: “Il Manifesto”