80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

Rai: Giulietti: “E’ un cda senza mandato”

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«Quando si prende la strada della legge Gasparri è inu­tile met­tersi a dare pagelle ai con­si­glieri». Beppe Giu­lietti, già depu­tato di lungo corso e prima sin­da­ca­li­sta Rai, da sem­pre colonna delle bat­ta­glie per la libertà di stampa, por­ta­voce e fon­da­tore del’’associazione Arti­colo 21 (insieme all’indimenticato Fede­rico Orlando, scom­parso l’anno scorso pro­prio in que­sti giorni), ragiona del nuovo cda Rai. Ma pre­mette che «io sono fuori, non sto con i ren­ziani né con gli anti­ren­ziani, parlo senza astio e sono stanco di essere indi­cato come un estre­mi­sta». Quando negli scorsi giorni ha visto cir­co­lare il suo nome come papa­bile con­si­gliere Rai, in quota sini­stra Pd ma non solo, ha scritto una let­te­rina alle agen­zie rin­gra­ziando ma decli­nando: «Non ci sono le con­di­zioni poli­ti­che neces­sa­rie». Ora aggiunge: «Per le nomine è stato uti­liz­zato un metodo vec­chis­simo, che ha già pro­dotto risul­tati nefa­sti. E in più il governo Renzi ha perso l’ambizione di libe­rarsi di un sistema medie­vale di orga­niz­za­zione del settore».

Si spie­ghi: non avrebbe voluto entrare nel cda Rai?
Ma per fare cosa? Con quale mis­sione? Ricordo di essere stato in un gruppo par­la­men­tare (Ds, ndr) dove tutti, senza distin­zione, giu­di­cammo la Gasparri una delle leggi ber­lu­sco­nis­sime, di quelle che segnano un pas­sag­gio. E così la pen­sa­vano i col­le­ghi della Mar­ghe­rita. E a gui­dare la bat­ta­glia con­tro la Gasparri non c’era Giu­lietti, ma Paolo Gen­ti­loni, che oggi è un mini­stro del governo. E Vel­troni, Ber­sani, e anche Carlo Rognoni, espo­nente della com­po­nente di Morando, che poi ha scritto un libro su quella legge, e che è stato con­su­lente dell’attuale sot­to­se­gre­ta­rio Gia­co­melli. La Gasparri era uno dei pochi punti sui cui nel cen­tro­si­ni­stra si era tutti d’accordo nel par­lare di tor­sione costi­tu­zio­nale e demo­cra­tica, di ritorno a una Rai con­trol­lata dall’esecutivo in dif­for­mità alle sen­tenze della Corte. Per di più la legge con­te­neva un’altra meta­stasi, il Sic, il Sistema inte­grato delle comu­ni­ca­zioni, che alte­rava i tetti antitrust.

E all’epoca era­vate tutti contro.
Sì, e non fu una bat­ta­glia mino­ri­ta­ria. Si schie­ra­rono tutti i costi­tu­zio­na­li­sti ma anche tutti gli edi­tori e tanta parte dell’industria del cinema e dell’audiovisivo, oltre­ché le asso­cia­zioni dei gior­na­li­sti. Una bat­ta­glia mag­gio­ri­ta­ria. Si arrivò a mani­fe­sta­zioni di piazza.

E la Gasparri è ancora viva e vegeta. Tutto archiviato?
Peg­gio. Oggi incon­tro par­la­men­tari del Pd che mi dicono: dicia­moci la verità, la Gasparri non era poi così male. Il tutto per giu­sti­fi­care la rinun­cia alla riforma del sistema e l’utilizzo in gran fretta della legge ber­lu­sco­nis­sima per nomi­nare un cda pur­ché sia ’affi­da­bile’. È tri­ste, ma soprat­tutto pericoloso.

Per­ché pericoloso?
Intanto è intol­le­ra­bile che chiun­que ricordi bat­ta­glie comuni fatte e espri­mere banali cri­ti­che viene liqui­dato come disfat­ti­sta e rosi­cone. E comun­que io mi sarò illuso, ma Renzi aveva pro­messo ben altro.

Renzi potrebbe repli­care: la mia riforma non me l’hanno fatta fare.
Que­sta è una pan­zana dell’ultima ora. Se voleva fare una legge poteva ini­ziare a discu­terne prima. Che il cda Rai avesse una sca­denza si sapeva da quando è stato eletto. E poi che fretta c’era di fare le nomine? C’era un diret­tore gene­rale, Gubi­tosi, non certo vicino alla sini­stra, che ha rea­liz­zato gli obiet­tivi: l’obiettivo Rai­way, l’obiettivo cassa. E poi un governo che ha messo la fidu­cia sulla legge elet­to­rale non era in grado di por­tare a casa un prov­ve­di­mento sulla Rai? È Renzi che ha detto che non era più tol­le­ra­bile gover­nare la Rai con una legge che por­tava il nome del mini­stro Gasparri. E che biso­gnava resti­tuire la Rai ai cittadini.

E secondo lei cos’è successo?
Ini­zia il lavoro. Il gruppo di Gia­co­melli arriva alla con­clu­sione che ci vuole la sepa­ra­zione fra indi­rizzo e gestione, modello Bbc. La famosa ’gestione duale’. Io con­di­vido, ma soprat­tutto anche Movi­mento 5 stelle, Sel e Scelta civica hanno pro­getti simili. E allora per­ché viene scar­tata l’idea, e que­sta pro­po­sta non arriva mai in par­la­mento, e si cerca a tutti i costi una con­ver­genza con Forza Ita­lia? Per­ché per l’ennesima volta si cerca il coin­vol­gi­mento pieno di una forza che non vuole toc­care la Gasparri e il Sic?

Per­ché c’è un Naza­reno per la Rai?
Non lo so, so che non molto tempo fa con­tro la Gasparri c’era una grande con­ver­genza, che a gui­dare que­sto movi­mento c’erano ele­menti dell’attuale governo, allora mode­rati e oggi ren­ziani. E alle camere arriva invece una Gasparri bis.

Come giu­dica il nuovo cda appena nominato?
Ma non serve dare le pagelle: una volta che sce­gli la Gasparri, la strada è una e dà frutti vele­nosi. Si può fare l’appello alla società civile, l’ho fatto anche io, ma il punto è che Renzi ha rinun­ciato a pre­sen­tare un’ipotesi di radi­cale riforma del sistema radio­te­le­vi­sivo e ha scor­po­rato solo la fonte di nomina della Rai. E la pro­po­sta che ha pre­sen­tato è spa­ven­to­sa­mente uguale a quella che c’era prima. Infatti alla fine l’ha lasciata e per fare prima ha usato la Gasparri. Io so bene che Frec­cero è un genio della tv, ma per il resto più grave della qua­lità dei con­si­glieri c’è il fatto che non hanno un man­dato edi­to­riale e indu­striale. Devono poten­ziare la Rai? Sven­derla? Pri­va­tiz­zarla? Il governo non fa nean­che finta di dirlo. E per­ché il tema del canone non è stato deciso con­te­stual­mente? Un modo di stran­go­lare il ser­vi­zio pub­blico è dire ’ogni anno trat­tiamo i soldi a seconda di come vi comportate’.

Cre­deva che Renzi avrebbe fatto la Bbc?
Io sto ai fatti. La Boschi aveva detto: luglio sarà il mese del con­flitto di inte­ressi. Luglio è pas­sato e non è stato il mese del con­flitto di inte­ressi, ago­sto è stato il mese del ritorno alla Gasparri, e della riforma Rai non si parla più. È chiaro che uno si pone la domanda: ma perché?

* Fonte: “Il Manifesto”


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