Blitz sulle intercettazioni, bavaglio a video e audio”: il titolo di Repubblica per il servizio di Silvio Buzzanca non potrebbe essere più preciso. E la reazione scandalizzata nella intervista di Donatella Ferrante, presidente della commissione giustizia che ha appena approvato a Montecitorio la legge delega sulla riforma del processo penale, è in realtà una conferma: “Qui si vuole solo punire chi registra in modo fraudolento una conversazione strettamente privata e danneggia la vittima rendendola pubblica”. Dunque, “chi ha detto che ha a che fare con le intercettazioni e soprattutto con i giornalisti?” protesta la Ferrante. Non avendo ancora trovato sui giornali e nei Tg una risposta sufficientemente esplicita a quella domanda, ci provo io e non credo di sbagliarmi. I giornalisti c’entrano eccome e sono quelli che in inchieste che hanno rivelato in questi anni fatti e misfatti di indiscutibile interesse pubblico non hanno espressamente dichiarato all’intervistato la loro intenzione di renderli noti.
È accaduto decine di volte sia sulla carta stampata che in trasmissioni televisive di grande ascolto come “Report” della Gabanelli o “Presa diretta” di Iacona, Anno Zero o Servizio Pubblico di Santoro, solo per citare qualche esempio. Come è avvenuta la registrazione video lo può notare chiaramente qualunque telespettatore ma lo scandalo è solo del personaggio intervistato, il quale d’altronde a pubblicazione avvenuta avrà qualche difficoltà a negare la propria dichiarazione. Mentre se il giornalista si limita a raccontare in prima persona le informazioni ricevute, può sempre essere smentito e magari querelato per diffamazione.
Che si tratti o no di bavaglio lo lascio decidere ai puristi della lingua italiana. A me basta sapere che se quella norma fosse approvata definitivamente alle Camere, tante “porcate” più o meno fraudolentemente commesse da imprenditori mafiosi, funzionari concussi e politici corrotti non verrebbero mai alla luce.
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