“Shawkan” è il soprannome di Mahmoud Abou-Zeid, fotoreporter arrestato nell’agosto 2013 per aver raccontato con le sue immagini la brutale violenza utilizzata dalle forze di sicurezza per sgombrare il sit-in di Rabaa al-Adawiya al Cairo, una strage con più di seicento morti e oltre duemila feriti.
“Shawkan” è recluso nel carcere di massima sicurezza di Tora -noto centro di detenzione e di tortura per i dissidenti del regime- ormai da più di settecento giorni.
Malgrado non sia stato mai incriminato è costretto in una cella, una detenzione di natura arbitraria, di tre metri per quattro con altri 12 prigionieri, in assenza di aria fresca e del sole per giorni, come lui stesso ha raccontato in una lettera dal carcere resa nota da Amnesty International.
E con la nuova legislazione egiziana anti-terrorismo, approvata dal governo di al Sisi, che prevede ulteriori norme sulla censura, il declino della libertà d’espressione e dei diritti umani nel paese sembra inarrestabile.
Mahmoud Abou-Zeid è l’assurdo di una giustizia irragionevole e inumana che priva un uomo della libertà, piegandolo a condizioni di vita atroci e al dolore ininterrotto, la distruzione della dignità resta la peste che nutre le più oscure dittature.
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