Nel 2011 , anno cruciale per la politica italiana per l’uscita di scena del governo di centrodestra e la nascita pilotata di un governo tecnico , la situazione era riassunta in una sorta di parola d’ordine , ” l’Italia non è la Grecia”. Ripetuto di continuo dalle massime autorità del paese , quello slogan univa ad un chiaro e lodevole intento di rassicurazione degli italiani sconcertati ed impauriti la constatazione di un ‘unione di stati che aveva perduto la strada originaria della pari dignità degli stati membri , e della costruzione di politiche comuni .
Oggi ,a qualche anno da quella data , molta acqua è passata sotto i ponti d’Europa: la Grecia ha attraversato tutte le traversie possibili , escluse quelle future e non auspicabili , ma compresa la sperimentazione di un governo incentrato su una delle forze alternative che si stanno moltiplicando nei paesi europei , soprattutto quelli dotati di minori stabilità , salute economica e di bilancio . Il tempo dirà se dopo il governo di Tsipras ad Atene verrà il governo di Iglesias a Madrid , e magari un governo italiano guidato dall’esterno da Beppe Grillo : o se il caso greco è destinato isolato. Come potrebbe far ritenere la sostanziale normalizzazione della situazione in Grecia , con l’assimilazione di Alexis Tsipras da parte dell’establishment europeo e l’accettazione da parte di quest’ultimo dello status quo voluto da Bruxelles.
Sta di fatto che oggi ,a pochissimi giorni dalle dimissioni del governo ellenico e in vista dello scioglimento del parlamento di quel paese ,- il tentativo di formare un nuovo governo è un passaggio ritualmente necessario in quel sistema ,come lo sarebbe nel nostro – prevale nei commenti un imprevisto impulso di assimilare la situazione del nostro paese e quella greca . Assimilazione confinata al terreno politico e istituzionale , fermo restando che sotto il profilo economico , industriale e sociale l’Italia continua a”non essere la Grecia ” .
Le analogie si indirizzano soprattutto ad una situazione in cui dentro le due sinistre al governo nei rispettivi paesi si verifica una rottura tra l’ala ” centrista ” – si fa fatica ad usare questo termine per Syriza ,ma ci si dovrà probabilmente abituare ,mentre viene naturale per il partito democratico di Matteo Renzi -, e quella ” massimalista” , costituita dalla sinistra tradizionale , in entrambi i paesi di derivazione comunista , anche se la vicenda del comunismo in Italia ed in Grecia è assai diversa. Frattura formalmente già consumata in Grecia , assai più graduale da noi , ma probabilmente inevitabile per una incompatibilità addirittura prepolitica , ideologica tra le due componenti .
In realtà , va invece detto con chiarezza che ” l’Italia non è la Grecia ” sotto il profilo istituzionale , nonostante le analogie esistenti tra due sistemi inequivocabilmente parlamentari , come mostra il corso della crisi in atto ad Atene con l’inutile incarico di trovare una maggioranza affidato ad un leader minoritario . L’Italia non è la Grecia , almeno in questo momento storico , per il guado costituzionale e politico in cui si trova il nostro paese , creato dall’intreccio tra una riforma costituzionale strutturale in faticosa via di approvazione e la necessità di adattarvi via via i necessari meccanismi elettorali di riferimento , a seconda dell’esito del procedimento parlamentare prima e del successivo pronunciamento popolare .
In sostanza , l’Italia non appare in condizione , in questi mesi e per un bel po’ ancora , di sciogliere queste camere inefficienti e cangianti – si ricordi che il parlamento in carica non è stato in grado di dar corso ad adempimenti fondamentali ,quali l’elezione di un capo dello Stato per lungo tempo, o di alcuni giudici della Corte costituzionali , o di formare un governo in sintonia con l’esito elettorale -, e di andare ad una consultazione elettorale di piena prospettiva , non transitoria e contingente . Un vuoto che rappresenta un caso di scuola di una situazione istituzionale gravemente impacciata ed inceppata ,da superare rapidamente e unitariamente .
Da questo punto di vista , e’ la Grecia a non essere l’Italia , con il suo percorso rapido ,lineare e fisiologico verso una nuova legislatura. Una considerazione che dovrebbe indurre le varie forme di opposizione al processo di riforma costituzionale ed elettorale , interne od esterne alla maggioranza ufficiale , a concentrarsi con tutta la fermezza sulle proprie proposte emendative , senza però forzare sui tempi e sull’uso estremo delle possibilità offerte dalle procedure regolamentari. Per convergere sul superiore interesse di ridare sollecitamente al paese quella pienezza di potenzialità istituzionali e politiche oggi pericolosamente precaria .
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