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Le difficoltà di governare

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Governare è  notoriamente un mestiere difficile , e zeppo di cose difficili . Forse la parte più impegnativa , per la sua complessità , è quella relativa alla nomina   dei  responsabili degli incarichi importanti e delicati . Se il capo del governo è caratterialmente un accentratore , tendenzialmente” un uomo solo   al comando” ( anche se il concetto non piace al capo dello Stato) , in Italia nomina quasi tutto , salvo se stesso. Un impegno a tempo quasi pieno: del resto , l’istruttoria delle nomine ,nei sistemi industriali avanzati , è una professione  specialistica , sofisticata e assai remunerata, che richiede conoscenze  di persone e di cose , capacità di valutazione , misura della ricaduta della scelte  sulla collettività , visione strategica.

La politica –non è solo,  il governo nel  nominare  , ha la buona compagnia dei partiti -, la fa un po’ più semplice , leggera .Più o meno, una nomina .anche importante – e quelle sulla RAI sono considerate le più delicate ,addirittura ansiogene – , è vista come un atto estemporaneo  , puntuale , anziché come il momento finale di un procedimento , la sintesi  di una quantità di dati , di elementi e di valutazioni . Dal primo momento , chi nomina si trova davanti ad una alternativa , tra l’interesse collettivo , e comunque plurale ,al miglior svolgimento possibile del mandato , e la naturale convenienza al controllo , al condizionamento  del prescelto .

Il rapporto tra la resa   di una quantità  purtroppo infinita di nomine – quelle che la politica si è accaparrata ,in nome di un malinteso   ” primato della politica”-  e la condizione  di un  paese è pacifico , evidente e incontestabile.  E la condizione  del nostro , di paese , in termini di moralità pubblica ,di competenza , di efficienza , di disinteresse ,  porta ad    una pluridecennale   valutazione di inidoneità complessiva dei governi e dei partiti   di fronte al   compito di formare la dirigenza pubblica , e non solo pubblica   . Quasi una forma di bulimia spinge il potere oltre ogni limite immaginabile, se è vero che ha assunto la forma arbitraria di nomine dall’alto ,anziché di elezione  da parte dei cittadini  , la stessa formazione delle assemblee parlamentari .

Oltre ogni limite si è spinta ,  ad esempio , la  richiamata penetrazione della politica all’interno dell’intero   organigramma del servizio pubblico televisivo , che va ben oltre  ben oltre gli organismi di vertice : vertici  buttati lì  in queste ore con una facilità quasi ludica  , e una  apparente  casualità , che permette ad ogni cittadino  di aspirare  teoricamente a tutto  , senza troppo dannarsi per ottenerlo. E di avere la certezza di non potere aspirare a nulla , indipendentemente dai meriti posseduti ,se le relazioni non sono all’altezza .

Ha ragione Matteo Renzi , e con lui  buona parte delle opposizioni –una volta  dato al Movimento cinque stelle   quello , e non è poco ,che gli spetta –  ha ragione quando afferma  che il giudizio sulle persone nominate agli incarichi  non può essere preventivo. D’accordo , che sia successivo: a condizione che si pongano alcune regole di garanzia minima. . La prima , la più elementare , richiede che un  giudizio a posteriori sia possibile , e   che avvenga sulla base  dell’indicazione di  parametri oggettivi , quali titoli curriculari  , risultati ottenuti in precedenti incarichi ,  rispetto degli  indirizzi di missione e degli  obiettivi prefissati ;   e che consenta  una    sanzione , ovviamente   morale e simbolica , in termini di giudizio sul titolare del potere  . Una sanzione che possa servire  da orientamento  ,  quanto meno ,alla prima occasione elettorale. Troppo difficile? O troppo scomodo ? Autolesionistico? Difficile immaginare un governo di questo paese che accetti qualche condizionamento o limite al proprio spesso arbitrario potere.

Se il giudizio preventivo è un processo alle intenzioni e quello postumo è reso impossibile  o sostanzialmente  irriso ,  siamo all’interno di  una delle contraddizioni che hanno creato , nel tempo, l’irriducibile  contenzioso che ha allontanato gli elettori dalla politica e dalle istituzioni., e che trova sfogo  autolesionistico ma comprensibile  nella diserzione delle urne.   O che sta producendo qua e là in Europa , in alternativa e   in  dimensione crescente , forme di politica non tradizionale ,  che la politica inetta definisce  ” antipolitica” ( senza comprendere ,o ammettere ,di esserne la causa ) ,e che hanno  invece il segno di un grido  di protesta .

Fenomeni  entrambi , astensionismo e inedite  formazioni politiche  , che stanno  lentamente trasformando quelle  forme della democrazia che i partiti tradizionali ed ” ideologici” –  tenuti assieme da ideali comuni  ,magari sbagliati ,ma sempre preferibili al deserto  in cui  proliferano egoismi ed interessi particolari  – custodivano in modo orgoglioso ma insufficiente , e i cui  effetti andranno valutati con attenzione .

montesquieu.tn@gmail.com


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