Il presidente del Consiglio Matteo Renzi è un fiorentino doc; toscanissima il ministro Maria Elena Boschi: di Montevarchi, legatissima alla “sua” Laterina. Il collega Luca Lotti, è nato a Empoli; di Pontremoli il sottosegretario alla Giustizia Cosmo Ferri; della vicina La Spezia il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Insomma, alcune delle personalità di spicco del Governo sono tutte toscanissime, ministro Orlando a parte, che comunque lo si può considerare di “area”: come s’usa dire, di “territorio”.
Curioso, ma anche indicativo, che nessuno abbia mostrato una briciola di interesse per uno dei non frequenti casi di donne detenute che si sono tolte la vita; e si parla di Ramona C., 27 anni, originaria di Grosseto. Detenuta nella sezione femminile del carcere don Bosco di Pisa, Ramona è in cella dal 31 luglio. Una manciata di giorni. L’accusa che l’ha portata in cella parla di “maltrattamenti familiari, dopo una precedente detenzione domiciliare per stalking”. In carcere beneficia del cosiddetto “regime aperto”: otto ore quotidiane di socialità. Divide la cella con altre detenute. Chissà cosa le passa per la testa, chissà perché prende quella decisione; che non è certo improvvisa: è un pensiero che martella dentro, un’“ossessione” che l’accompagna da tempo, e che ha cura di occultare, che nessuno se ne accorga, possa dare l’allarme. Paziente attende. Attende il momento in cui si trova da sola in cella. La corda con cui impiccarsi è già pronta, ricavata da un lenzuolo. Un attimo, e Ramona “evade” dalla vita.
L’Osservatorio sul carcere dell’associazione “Ristretti Orizzonti” fa sapere che quello di Ramona è il ventinovesimo suicidio in cella dall’inizio del 2015. I suicidi sono la punta emergente di una più vasta e drammatica realtà. La descrive Donato Capece, segretario generale di uno dei sindacati della polizia penitenziaria, il Sappe.
Riferendosi alla specifica situazione in Toscana rileva che “dal 1 gennaio al 30 giugno 2015 nelle 18 carceri toscane si sono contati due suicidi di detenuti in cella, altri tre suicidi sono stati sventati dagli uomini della polizia penitenziaria, e si registrano ben 501 atti di autolesionismo: il numero più alto in tutta Italia posti in essere da detenuti. Ancora più gravi i numeri delle violenze contro i nostri poliziotti penitenziari: parliamo di 213 colluttazioni e 39 ferimenti. Ogni giorno, insomma, le turbolenti carceri toscane e italiane vedono le donne e gli uomini della polizia penitenziaria fronteggiare pericoli e tensioni e per i poliziotti penitenziari in servizio le condizioni di lavoro restano pericolose e stressanti”.
E’ vero quanto dice Capece? Perché se non è vero, andrebbe smentito, le sue affermazioni contestate; se al contrario è vero quello che dice, Renzi e Boschi, Lotti e Ferri, per non dire del ministro Orlando, dovrebbero trovare il tempo di occuparsi anche di quello che accade in una parte poco “illuminata” del “cortile di casa loro” (e che comunque fa parte del nostro più generale “cortile”). Se quel tempo lo trovano, lo hanno trovato, sarebbe gradito un tweet, un sms, una qualsiasi loro cosa per farci sapere cosa intendono fare, e come, e quando.