La neo nomina di Monica Maggioni, classe 1964, desta una certa sorpresa. Un nome che di fatto ha messo d’accordo tutti e senza troppe esitazioni. Eppure più di qualche dubbio rimane. Non tanto per l’indiscutibile professionalità della ex corrispondente internazionale della Rai, ma per l’appartenenza da un anno a questa parte ad uno dei gruppi più discussi del pianeta, il Bilderberg. Il neo direttore si definisce una “non privilegiata”, cresciuta con una madre impegnata all’amministrazione de Il Giorno e un padre operaio e sindacalista inflessibile alla Pirelli Bicocca.
“Da loro ha imparato un’etica molto precisa”, dice. E poi: “Con l’impegno e il sacrificio si può ottenere ciò che si vuole, io ho sempre lavorato come un mulo”.
Sta di fatto che una giornalista, figuriamoci poi se siede nel tavolo più importante di Viale Mazzini, non dovrebbe far parte a gruppi segreti a cui fanno parte gli esponenti degli occulti poteri economici mondiali. Insomma pare che questo punto fondamentale sia stato volutamente eluso per dare ancora una volta il via libera a qualche oscura strategia dettata dai poteri forti.
Proprio lo scorso anno, ovvero dal 29 maggio al primo giugno del 2014, la Maggioni è stata ammessa tra i partecipanti della riunione annuale del Gruppo Bilderberg. All’epoca questa novità non fu accolta con troppi entusiasmi. Anzi. Roberto Fico del M5S, nonchè presidente della commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi presentò un’interrogazione alla Rai, nella quale chiedeva chiarimenti a riguardo e domandando se l’iniziativa non fosse da considerare “inopportuna” e “suscettibile di condizionare l’esercizio libero, critico ed autonomo dell’attività giornalistica”. La radiotelevisione pubblica replicò precisando che la partecipazione era avvenuta a titolo personale. “La Rai ritiene assolutamente legittimo che, nell’ambito della propria attività professionale, un suo dipendente possa partecipare se invitato, a prendere parte ad eventi organizzati da un think tank di tale rilevanza internazionale e che tale partecipazione costituisca elemento di prestigio per l’azienda stessa”. Insomma per Viale Mazzini è tutto normale e soprattutto conforme all’etica.
Bilderberg, d’altra parte, è sinonimo di potere, di controllo e anche di carriere inaspettate nei posti strategici. Forse la più eclatante è quella di Mario Draghi, anche lui assiduo partecipante alle riunioni “segrete”. Da presidente del Comitato economico e finanziario del Consiglio della UE diventa direttore generale del Ministero del Tesoro italiano, per poi essere nominato vicepresidente della Goldman-Sachs e diventare prima il governatore della Banca d’Italia e infine presidente della Banca centrale europea. Una carriera a dir poco folgorante.
Inutile commentare, ma guarda caso l’esclusiva aristocrazia dei poteri forti, ha sempre fatto man bassa su quei posti rilevanti nei settori decisivi come l’economia, la politica e chiaramente l’informazione “pubblica”. D’altra parte con un premier come Matteo Renzi c’era da aspettarselo.
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