Di Pino Salerno
Angela Merkel, cancelliere tedesco, e Francois Hollande, presidente della Repubblica francese, si sono incontrati lunedì a Berlino per fare il punto sulla crisi dei migranti che in centinaia di migliaia sono sbarcati sulle coste europee, e in particolare in Grecia e in Italia. Merkel e Hollande hanno chiesto una “immediata risposta unitaria” dell’Europa. “Dobbiamo mettere in opera un sistema unitario del diritto d’asilo”, ha detto Hollande in conferenza stampa, con accanto la cancelliera Merkel. Ed ha sottolineato che si tratta di una “situazione eccezionale che durerà nel tempo”. A sua volta, Angela Merkel ha rilevato che se l’Unione europea avesse “globalmente, lo stesso diritto d’asilo”, allora tutti i paesi europei dovrebbero applicarlo “il più rapidamente possibile”.
La cancelliera tedesca ha ricevuto la visita di Hollande per discutere, in un primo tempo, dei flussi migratori in Europa e delle iniziative da assumere dinanzi a quello che ormai viene considerato come l’esodo più grande di popoli dalla fine della seconda guerra mondiale. E stando a quanto avevano riferito fonti parigine, non sarebbe stato siglato “alcun documento” impegnativo tra i due paesi. L’altro grande tema che era in agenda era la questione ucraina, e “l’applicazione degli accordi di Minsk”. Poi, sono accaduti i fatti del treno a grande velocità Thalys da Amsterdam a Parigi, dove un marocchino legato alla Jihad islamica è salito con un arsenale e avrebbe compiuto una carneficina se non fosse stato bloccato da tre soldati americani in vacanza in Europa. E l’agenda dell’incontro bilaterale tra Merkel e Hollande è stata notevolmente cambiata.
Berlino, in particolare, è sempre più determinata a spingere per un nuovo sistema di quote obbligatorie per i rifugiati in tutti gli stati dell’Unione europea, nonostante il fatto che il piano sia stato rigettato dai leader europei nel vertice di giugno. A questo proposito, anche la Commissione Juncker spinge per un nuovo sistema “permanente” di condivisione di ospitalità dei rifugiati nell’Unione. Dopo l’incidente di venerdì sul treno Thalys, tuttavia, e data la pressione della immigrazione, diversi paesi europei hanno comunicato che i controlli sui loro confini nazionali sarebbero ripresi, anche nelle zone di libero transito secondo le regole di Schengen. Anche Berlino ha avvertito che avrebbe ripreso i controlli ai confini fino a quando anche gli altri paesi non avessero accettato il piano sulle quote obbligatorie dei migranti e dei rifugiati. Nella capitale tedesca hanno calcolato che nel 2015, per effetto degli sbarchi in Grecia, in Italia e nei Balcani, le richieste di asilo potrebbero arrivare alla cifra di 800.000 rifugiati, tre volte più dell’intero 2014.
Tuttavia, dalla Commissione europea, guardiano del sistema Schengen, giungono avvertimenti sulla libertà di transito, che è sacrosanta e non dev’essere cambiata. Le autorità nazionali, aggiunge la Commissione, potrebbero riprendere i controlli delle identità e altre misure di monitoraggio sul traffico ferroviario, ma queste misure non possono essere assunte come controlli ai confini. Con le politiche europee sul diritto d’asilo e sulla immigrazione che si rivelano sempre più confuse, con i governi nazionali impreparati a dare una risposta unitaria ed efficace, ecco che l’allarme suscitato da Berlino, Parigi e Bruxelles risuona in tutte le cancellerie europee. Non a caso, il presidente della Commissione Juncker è intervenuto su diversi e importanti quotidiani europei per sostenere che se l’Europa continua a non essere più generosa e a non condividere il fardello dei rifugiati, allora “non è questa l’Europa in cui vorrei vivere”. È una frase che, almeno sul tema dei migranti e dei rifugiati, manifesta tutta l’impotenza della Commissione dinanzi agli interessi, anche elettorali, degli stati nazionali e dei loro leader. Così come gli aiuti alla Grecia, anche gli aiuti alle migliaia di migranti non sono popolari in Europa, dove spira un vento pericoloso che può suscitare tutte le spinte xenofobe.
Dopo il vertice con Merkel, è stato Hollande a rilanciare la necessità “di accelerare la costruzione di centri di accoglienza in Italia e in Grecia”, ed ha chiesto che venga fatta una distinzione tra coloro che vengono in quanto richiedenti asilo, e coloro che vengono come migranti economici”. Il vicecancelliere tedesco, il socialdemocratico Gabriel, ha giudicato gli sbarchi senza precedenti dei migranti come “la sfida più grande della Germania dal tempo della riunificazione del paese. L’Europa, in un certo senso, è in un sonno profondo, ed è un’onta gravissima il fatto che la maggioranza dei paesi europei abbia dichiarato che non gliene importa nulla”. Il fatto è che in Germania, l’estrema destra sta già avanzando con manifestazioni xenofobe, che sembrano perfino popolari. Venerdì a Dresda alcune centinaia di neonazisti hanno manifestato violentemente contro un nuovo centro di accoglienza per rifugiati, scatenando la reazione delle forze di polizia. La stessa Merkel ha condannato le violenze xenofobe dell’estrema destra “con fermezza. Il modo in cui gli estremisti di destra e i neonazisti cercano di diffondere il loro messaggio violento ha creato odio e abiezione”. Ma può bastare un comunicato a fermare la xenofobia sempre più dilagante in Europa? Il fatto è che Merkel e Hollande sanno che se l’Europa non agisce presto e unitariamente per l’accoglienza dei rifugiati, prima o poi scatterà ovunque la violenza xenofoba.