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Impreparati con i migranti

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Siamo impreparati di fronte ai migranti? La questione profughi-osserva Maurizio Ambrosini, sociologo dell’Università Statale di Milano, risveglia l’Europa dei muri, quella che avrebbe dovuto finire di esistere con la caduta del muro di Berlino nel 1989. “Sono una tecnologia vecchia per cercare di tenere lontano da noi i problemi, autore tra gli altri del volume “Non passa lo straniero” edito dall’editore Cittadella, un libro che racconta la guerra in corso oggi tra politiche di integrazione e di chiusura contro gli stranieri.

I muri si alzano come in Ungheria per impedire che i profughi arrivino nel cuore dell’Europa. Ma sono davvero efficaci? Servono soltanto a porsi fuori dai confini segnati dalle convenzioni internazionali  secondo il professor Ambrosini.
Anche l’Italia nel 2010, ministro dell’Interno il leghista Maroni respinse 900 richiedenti asilo verso la Libia:” Si aprì un conflitto rilevante con le Nazioni Unite per la prima volta. Mi chiedo se ne valga la pena percorrere quella strada che ci consegnerebbe allo status di Stato canaglia. Il giornalista gli chiede:”170mila sbarchi nel 2014, nel 2015 Frontez prevede lo stesso trend. Lo scorso anno 8mila transiti lungo la rotta balcanica tra gennaio e luglio, quest’anno nello stesso periodo 120mila. Sono numeri da emergenza oppure no?”

Se collochiamo i numeri in un contesto globale diventano meno allarmanti. L’Unchr stimava in 59,5 milioni le persone con necessità di protezione nel mondo, il dato più alto da quando si stila il rapporto. Ma solo il 14 % si dirige ai Paesi sviluppati ,l’86% va verso altri Paesi del Sud del Mondo.

Noi ci stracciamo le vesti per qualche migliaio di rifugiati quando in Libano ci sono 232 rifugiati per ogni mille abitanti. Dei 3,9 milioni di siriani in uscita come rifugiati, solo pochi e benestanti raggiungono l’Europa. E l’Europa vuole difendersi sempre di più da questi arrivi. E ancora, gli chiede il giornalista, la globalità del fenomeno non giustifica chi la chiama “emergenza”? “Parlare di emergenza-risponde il sociologo-è uno specchio della nostra impreparazione e delle nostre fragilità. Gli sbarchi a Lampedusa c’erano quando il governo Berlusconi, con il ministro Maroni, smantellò i centri. L’Italia non dispone di una legge organica sull’asilo. Noi e gli altri Paesi dell’Europa meridionale abbiamo sempre pensato che il problema non ci riguardasse. Quando fu discusso il regolamento di Dublino (che stabilisce che un profugo deve essere accolto nel primo Paese in cui chiede asilo) avevamo un atteggiamento passivo e disinteressato  e ora cerchiamo di forzarlo comportandoci come Paesi di transito.

Certo che poi l’emergenza sul piano della politica internazionale esiste con 15 guerre nel mondo. Ma la risposta efficace e accettabile non sono i muri innalzati per difenderci dai nostri stessi obblighi umanitari. “”Ma quali sono le ragioni principali dello spostamento di migliaia di persone?” “Lo spostamento è percettivo. Bulgaria e Ungheria da due anni almeno che si lamentano per l’aumento dei richiedenti asilo: il fenomeno è già datato. Ci accorgiamo che non siamo solo noi a sentirci accerchiati: ci sono Paesi più poveri e meno attrezzati che si comportano allo stesso modo cercando di far transitare verso altri Paesi. Tutto questo prova che le regole di Dublino non tengono soprattutto perché tratta i  rifugiati come pacchi, come delle vite passive di cui qualcuno si deve occupare. Le convenzioni negano le aspirazioni, i legami, i desideri dei rifugiati . E questo è disumano, è un tradimento delle Convenzioni sui diritti umani che abbiamo firmato. ”

Il sociologo Ambrosini è convinto che le difficoltà di distribuire i rifugiati secondo quote proporzionali o in paesi terzi dipenda essenzialmente dalle possibili reazioni dell’opinione pubblica e quindi alla fine anche di conseguenze politiche ed elettorali. La risposta finale di Ambrosini è di speranza.” Bisognerebbe fare dell’asilo una questione comunitaria, come le politiche agricole.  Servirebbe una cassa comune attraverso cui sovvenzionare gli Stati in proporzione ai numeri effettivi delle persone accolte, tenendo però conto delle volontà dei migranti. Sono i legami sociali che già hanno infatti la principale agenzia di integrazione sociale. La sfida si può vincere. All’epoca delle guerre balcaniche, l’Italia ha accolto 77mila rifugiati provenienti dall’Est e oggi nessuno se ne ricorda più”. Forse Ambrosini ha ragione ma è il caso di tener conto dei mali stabili del nostro Paese e dell’incertezza sul futuro che sembra ancora dominarlo.


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