Di Antonella Sinopoli
Dal 30 luglio scorso i medici ghanesi hanno incrociato le braccia,in massa, avanzando rivendicazioni di ogni sorta. Aumento dello stipendio, abitazioni, divise, automobili di servizio e benzina gratuita per lo staff più anziano in servizio, training post laurea gratuito, migliore trattamento pensionistico e il diritto a cure gratuite all’estero laddove queste non siano accessibili nel proprio Paese. La maggioranza in Parlamento che sostiene il Governo guidato da John Mahama, ritiene le richieste improponibili – proposte in blocco – e soprattutto si vocifera di un tentativo di destabilizzazione di un Governo che già subisce da tempo molte critiche da buona parte dell’opinione pubblica. Tutto questo a un anno dalle prossime elezioni.
Naturalmente il numero dei decessi non può che essere approssimativo, soprattutto considerando la difficoltà di avere dati dalle zone rurali.
Qui non esiste la precettazione, ma una serie di norme sono contenuta nella legge nazionale sulla regolamentazione degli scioperi, secondo la quale dopo sette giorni dall’inizio dello sciopero le parti sono obbligate a sedersi attorno a un tavolo per la negoziazione. Ma tale obbligo è solo contemplato sulla carta. Si comincia solo ora a discutere sulla necessità di emanare una legge che fissi il termine massimo di uno sciopero a 72 ore, ma per il momento l’idea sembra congelata.
Lo sciopero non ha fatto fa che peggiorare una situazione sanitaria già difficile. Secondo le statistiche dell’Organizzazione mondiale della sanità in Ghana la percentuale dei medici è molto inferiore alla densità della popolazione ed è soprattutto sbilanciata a favore della capitale e dei grandi centri. Il Ghana, come tutti gli altri Paesi africani, è agli ultimi posti (168 su 193) per numero di medici, 0.09 ogni 1.000 abitanti. Tanto per fare un esempio, nel 2009 risultavano registrati solo 148 dentisti, il 70% nella capitale; 50 gli optometristi su una popolazione di circa 26 milioni di abitanti.
A queste cifre fa eco anche la carenza di strutture e medicinali, tanto che il Governo recentemente ha fatto di nuovo ricorso a un prestito da parte del Fondo globale che fa capo al WHO, 300 milioni di dollari. Solo il debito accumulato con la NHIS, Autorità nazionale per l’assicurazione sulla salute, che provvede anche alla dotazione dei medicinali, ammonta a 12.5 milioni di dollari. E in ospedali considerati all’avanguardia come il 37 Military Hospital i pazienti sono costretti a stendersi sul pavimento per carenza di letti.
Intanto, la soluzione trovata per arginare il dramma creato dallo sciopero del personale medico, è affidarsi a medici cubani. Tramite un accordo con il governo cubano 177 medici dovrebbero arrivare in Ghana nei prossimi giorni. Un paradosso: Cuba, dopo Monaco ha la più alta percentuale al mondo di medici specializzati, 6.72 ogni 1.000 abitanti. Andare in un altro Paese è per alcuni di loro una buona opportunità – a volte l’unica – di trovare lavoro e di guadagno.
Siano o meno giustificate le ragioni dello sciopero, al momento le parti sembrano ad un impasse, nessuna delle due pronta a fare un passo avanti o marcia indietro. Anzi, parte della maggioranza ha proposto il taglio dello stipendio dalla data di inizio dello sciopero e ritiene di non poter avviare negoziati finché lo sciopero continua. Ma la risposta dei medici, attraverso il rappresentante del GMA (Ghana Medical Association) è univoca e altrettanto rigida: non torniamo a lavoro fino a che non sigleremo un accordo con il Governo.
Ieri in tarda serata, però, l’Associazione nazionale dei medici ha rilasciato un comunicato in cui si dichiara terminato lo sciopero e si assicura il rientro alla normalità a partire da lunedì. A convincerli – secondo lo stesso comunicato – sono state le richieste del Consiglio dei Chief (leader) locali e i rappresentanti del clero. Personaggi che qui contano spesso più dei ministri. Non una parola sui 500 e più decessi delle ultime settimane. Ma si vocifera che la minaccia di assumere medici cubani abbia in qualche modo sortito l’effetto.
Ma cosa ne pensa l’opinione pubblica? Stando ai primi risultati di un sondaggio proposto sul sito di un’emittente locale, il 51.6% ritiene che i medici abbiano ragione poiché il Governo ha mancato negli anni di rispondere alle loro richieste; il 34.12% ritiene che lo sciopero non sia giustificato e che le richieste denotano “avidità” da parte della categoria; 11.62% pensa che il personale medico dovrebbe dare in massa le dimissioni.