«Un anno fa ci lasciava Federico Orlando, raro esempio di come si possa essere giornalisti e nello stesso tempo galantuomini. Liberale nel senso piu’ autentico, Federico è stato , per tanti di noi un compagno (da intendere come ricordava Mario Rigoni Stern: «… Compagni, perché è un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino “cum panis” che accomunacoloro che mangiano lo stesso pane…».
Lo ricordo con affetto e malinconia, questo nostro «compagno», che ha saputo arricchirci con il suo prezioso, partecipe contributo di idee, e con il conforto delle sue fraterne critiche. Una persona gentile e determinata, curiosa, rigorosa e aperta al nuovo, custode del meglio che quel mondo liberale e radicale cui a pieno titolo apparteneva ha saputo conquistare e preservare. Collega giornalista attento, al servizio autentico dei suoi lettori, per anni ha fatto parte del team del «Giornale» di Indro Montanelli; poi, quando «Il Giornale» non è stato piu’ la creartura voluta e immaginata dal suo fondatore e direttore, ha seguito il suo «maestro» nella breve stagione de «La Voce», e infine da condirettore di «Europa», che con la guida sua e del direttore Stefano Menichini e del vice Mario Lavia è stato uno dei piu’ interessanti e bei tentativi di giornale politico, di partito e non faziosamente di parte (Per questo, alla fine ha chiuso?). Contemporaneamente nell’avventura di “Articolo 21”, di cui è stato animatore e promotore prezioso, sempre presente nelle tante battaglie di libertà che in questo paese tocca combattere. Lo ricordo come autore di saggi che andrebbero riletti e meditati; e come politico rigoroso, mai sopra le righe, alieno da protagonismo fine a se stesso: rispettoso della funzione e delle prerogative del Parlamento, difensore di quei valori costituzionali che avvertiva costantemente traditi e disattesi, anche dalla parte politica che lo aveva eletto deputato; e infatti è sempre stato indipendente, radicale nelle scelte e nei comportamenti concreti (ma anche per molti anni di tessera), deputato, come Costituzione vuole, del popolo e non del partito.
Ha lasciato davvero un vuoto non colmabile; e il rammarico, quando qualche giorno prima di lasciarci, aveva telefonato per ringraziare di un sostegno apprezzato e che non aveva, al solito, richiesto, di non aver compreso in tempo la gravità del suo stato di salute; di aver detto quel «Ciao, Federico» e quel «Grazie» per il tanto che ci ha saputo dare, quando ormai era troppo tardi.