Cinquanta persone trovate morte su un Tir in Austria all’indomani delle ennesime tragedie nel Mediterraneo.
Decine di profughi e migranti — le prime informazioni parlano di cinquanta persone — sono stati trovati morte in un Tir parcheggiato in una piazzola autostradale nei pressi della località austriaca di Parndorf.
All’indomani delle ennesime tragedie nel Mediterraneo — con cinquanta morti asfiassiati nella stiva di un barcone e altri tre siu un gommone — un’atroce conferma del dramma di migranti e profughi giunge dunque anche da questa “rotta” terrestre europea sudorientale, della cui situazione proprio a Vienna discutono oggi i rappresentanti dei Paesi dell’Unione europea e di quelli dei Balcani occidentali.
Di «un avvertimento» per l’Europa «affinché ci mettiamo al lavoro per risolvere questo problema e dare prova di solidarietà», ha parlato il cancelliere tedesco, Angela Merkel presente al vertice. Da parte sua, il responsabile dell’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, António Guterres, ha diffuso oggi un comunicato nel quale definisce completamente inadeguato il sistema dell’asilo nell’Ue, in riferimento al trattato di Dublino che prevede la responsabilità esclusiva dei Paesi d’arrivo nella gestione dei flussi di profughi e migranti.
Ieri, come detto, nella stiva dell’ennesimo barcone trasformato in bara galleggiante nel Mediterraneo i soccorritori della nave svedese Poseidon avevano trovato cinquantuno morti. Poco prima i marinai della Poseidon avevano trovato tre donne morte, una con in grembo il suo bambino che non nascerà, quando avevano soccorso un gommone con centoventi profughi e migranti. Solo una parte, questi, dei tremila tratti in salvo solo ieri dai mezzi navali che incrociano quelle acque.
Ma dall’Ue europea, nonostante le dichiarazioni reiterate in queste ore, tardano ancora risposte di civiltà e umanità. Sarà applicato solo nel 2016 — seppure sarà approvato dai Governi — quel «meccanismo permanente, vincolante e con quote» per la ripartizione di richiedenti asilo in caso di emergenze che possano verificarsi in qualunque Paese dell’Unione; meccanismo che la Commissione europea intende proporre «entro la fine dell’anno», come ha dichiarato oggi la portavoce Natasha Bertaud.
Da parte sua, il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ha respinto le accuse di inattività mosse alla sua istituzione, precisando che semmai a non fare il necessario sono gli Stati.
Nel frattempo, alla frontiera esterna dell’Ungheria, quella con la Serbia, la barriera di filo spinato quasi completata non frena gli arrivi. La risposta del Governo del premier Viktor Orban è una nuova stretta, con l’istituzione di un corpo speciale, con cani e armi, per pattugliare il confine e impedire i passaggi.
Eppure le cifre sono ancora relativamente contenute. In totale, quest’anno in Ungheria sono arrivate 140.000 persone, in stragrande maggioranza provenienti da Siria, Iraq, Afghanistan e Pakistan, tutti Paesi in condizioni tali da garantire loro il diritto d’asilo previsto dalle convenzioni firmate dal Governo ungherese e da tutti quelli dell’Ue.
Le decisioni del Governo di Orban hanno fatto seguito a disordini al centro di accoglienza di Roeszke, dove la polizia ha usato i lacrimogeni contro circa duecento rifugiati che volevano parlare con i giornalisti della televisione pubblica. Il capo della polizia ungherese, Karoly Papp, ha detto che un nuovo corpo speciale, formato da oltre duemila uomini, pattuglierà in modo permanente il confine per bloccare gli ingressi. «Non avranno l’ordine di sparare», ha assicurato Papp, mentre il portavoce del Governo, Zoltan Kovacs, ha detto che si sta valutando l’uso dell’esercito.
In Germania, sempre ieri, gruppi organizzati di estrema destra hanno contestato Merkel, recatasi insieme al presidente della Repubblica, Joachim Gauck, al centro accoglienza di profughi a Heidenau, vicino a Dresda, teatro di un attacco di neonazisti che ha definito vergognoso. Merkel ha ribadito che ci sarà “tolleranza zero” per chiunque neghi la dignità umana di profughi e migranti.