A raccontare questa terribile pratica, socialmente accettata ma nei fatti un abuso, è Andrea Iacomini, portavoce Unicef Italia.
In una sua testimonianza pubblicata sull’Huffingthon Post, Iacomini racconta che “vengono rapiti ancora adolescenti, adescati per strada, prelevati dalle proprie famiglie da ricchi e potenti mercenari, disposti a comprarli e mantenerli economicamente. Il bambino da quel momento diventa di proprietà del compratore e viene costretto a cambiare identità. Vestito da donna, con tanto di campanelli ai polsi e alle caviglie e un po’ di make-up a ricoprirne il viso, viene obbligato a imparare a cantare e ballare con il solo obiettivo di essere poi violentato quando la danza e la musica saranno finite”.
C’è anche una versione femminile di questa pratica. Sono le bacha-posh e – continua Iacomini – “sono bambine vestite e trattate come un ragazzo a tutti gli effetti. In alcune zone dell’Afghanistan e del Pakistan, infatti, una madre che non abbia partorito almeno un figlio maschio, non è vista di buon occhio”. “Capelli corti e i pantaloni, le bacha-posh vengono trattate come fossero bambini, private di un’identità e del diritto di sviluppare una loro personalità, succubi dell’ennesima imposizione. Almeno fino all’età da marito. Nel giro di una notte in età adolescenziale, infatti, le ragazze vengono svestite dei loro panni da maschio, perdono libertà, diritti, privilegi e si riappropriano della loro natura di donna, costrette a piegare il capo di fronte al nuovo ennesimo cambiamento”.
Il post completo di Iacomini è disponibile qui: http://www.huffingtonpost.it/andrea-iacomini/la-storia-dei-bacha-bazi-in-afghanistan_b_7921170.html.