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SuperRenzi/Rai indebolito dalla “gasparrite”. Come mai?

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Domani, 16 luglio, la cosiddetta “riforma” della Rai predisposta in origine dal governo Renzi, anzi dal premier-segretario in prima persona, va in aula al Senato. Solo che del disegno di legge primordiale è rimasto ben poco. Tanto che il senatore che più si è impegnato ad emendarlo in commissione a Palazzo Madama, cioè Maurizio Gasparri, può esultare parlando di “mini riforma”. Eppure in molti, anche nel Pd, erano convinti che Renzi avrebbe operato una vera, approfondita, innovativa riforma della Rai. Forse perché aveva  istituito la corposa Commissione di esperti presieduta dal sottosegretario Antonello Giacomelli (esperienza fondamentale a Video Music)? Ma, in Italia, istituire una commissione, si sa, è spesso il modo migliore per eludere il problema, per non fare nulla o quasi.

Certo è che nel frattempo il presidente del Consiglio ha detto tutto e il contrario di tutto sulla Rai medesima. Ha debuttato con lo slogan “Fuori i partiti dalla Rai” evocando una soluzione all’inglese con la Fondazione stile Bbc garantita da “governors” al di sopra diu ogni sospetto. Però ha continuato a dire, a parte, che lui il canone, per quanto basso, lo avrebbe volentieri abolito ben sapendo che, sia pure assurdamente, è l’imposta “più odiata” dagli italiani, la prima fra quelle più detestate.  Ora, voler fare della Rai una sorta di Bbc italiana e, nel contempo, cancellare il canone di abbonamento che per la Bbc è quasi il doppio di quello italiano (più un canale pay come Channel4), mi sembra un triplo salto mortale avvitato e carpiato. Dal quale la Rai può uscire soltanto con le ossa ancor più rotte. Successivamente Renzi ha messo da parte, come se nulla fosse, la Fondazione e puntato ad una Rai direttamente dipendente da Palazzo Chigi e non più a mezzadria fra governo e partiti (o commissione parlamentare), con un Amministratore Unico però nominato da lui e quindi rispondente al capo pro tempore del governo. Che, senza reazioni apprezzabili, durerà almeno un paio di legislature.

Infine, approdata la “riforma” in commissione in Senato, i renziani, inaspettatamente, si sono sciolti come neve al sole arrendendosi molto facilmente all’attivismo del senatore Maurizio Gasparri (Forza Italia) e lui, mitragliando il testo governativo di emendamenti, regolarmente accolti, ha svuotato in larga parte il testo renziano facendone qualcosa di molto simile alla legge sul sistema televisivo che porta dal 2004 il nome di Gasparri Maurizio. Persino sulla novità (molto discussa e discutibile invero) del Superman al comando di Viale Mazzini quale Amministratore Delegato, pur notevolmente indebolito in commissione dalla “gasparrite”, l’ex ministro di Berlusconi ritiene che siano necessari altri “aggiustamenti”. Questo è il punto politico centrale. Perché mai questo cedimento di Renzi e dei suoi? E perché nessuno ne parla in termini polemici o almeno critici? Perché questo silenzio così inatteso e assordante? Se la cosiddetta riforma Renzi Rai passerà in salsa Gasparri, state certi che verrà comunque esibita come una delle “riforme” alla maniera dell’Italicum o del Senato. Uno scalpo da esibire per la comunicazione insomma confidando che gli italiani siano disposti a bere di tutto. Ha torto? Vedremo.


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