di Rodolfo Ruocco
da Rainews.it
Il senatore Denis Verdini, dopo molte incertezze, dice addio a Silvio Berlusconi anche se lo strappo lo “addolora”. L’ex coordinatore del Pdl e di Forza Italia, le due creature politiche del Cavaliere, alla fine oggi ha rotto i ponti e ha dato vita a Palazzo Madama ad Alleanza liberal-popolare e autonomie (Ala), l’ennesimo gruppo parlamentare e partito della Seconda Repubblica. Poi seguirà la costruzione del nuovo gruppo anche alla Camera. L’attenzione è rivolta verso il presidente del Consiglio Matteo Renzi.
È l’ennesima scissione subita dal Cavaliere: nel dicembre 2012 i primi a prendere il largo furono Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, che diedero vita a Fratelli d’Italia; nell’ottobre 2013 Angelino Alfano divorziò fondando il Nuovo centrodestra (restò nel governo Letta mentre Berlusconi passò all’opposizione); nel maggio scorso è uscito Raffaele Fitto, costruendo Conservatori e riformisti; adesso è il turno di Verdini, alfiere del Patto del Nazareno con Renzi sulle riforme istituzionali, accordo sconfessato dal leader del centrodestra alla fine dello scorso gennaio. Non solo. In questi due anni Berlusconi ha perso altri importanti dirigenti storici di Forza Italia, fortemente legati a lui anche sul piano umano: Fabrizio Cicchitto, ex capogruppo alla Camera; Renato Schifani, ex presidente del Senato e già capogruppo a Palazzo Madama, Paolo Bonaiuti, ex portavoce, Sandro Bondi, ex coordinatore del partito (tutti hanno aderito al Ncd di Alfano).
Ma è tutta la Seconda Repubblica a frantumarsi. Si sono liquefatti o hanno subito scissioni praticamente tutti i partiti. Sono cambiate le coalizioni e sono mutati gli equilibri politici usciti due anni fa dalle urne. Si è sfaldata Scelta civica, il partito centrista fondato da Mario Monti che raccolse oltre il 10% dei voti nelle elezioni politiche del 2013. È stato lo stesso ex presidente del Consiglio del governo tecnico ad abbandonare per primo la sua creatura politica nell’ottobre del 2013, poi è seguita una fuga in tutte le direzioni e, in particolare, verso il Pd. Stefania Giannini, ministra della Pubblica istruzione, ha lasciato la segreteria di Scelta civica ed ha aderito al Pd nel febbraio di quest’anno. Da allora Enrico Zanetti, sottosegretario all’Economia, è alla guida del partito centrista ridotto al lumicino per l’esodo di deputati e senatori.
La crisi della Lega Nord è iniziata durante la campagna elettorale per le amministrative dello scorso maggio.Flavio Tosi è entrato in rotta di collisione con Matteo Salvini. Lo scorso marzo c’è stata la scissione. Il sindaco di Verona se ne è andato sbattendo la porta dopo il no di Salvini a farlo correre come governatore del Veneto. Con Tosi sono passati diversi parlamentari veneti del Carroccio.
Il Pd di Renzi è stato un “magnete” per molti parlamentari centristi e di sinistra, soprattutto dopo il grande successo nelle elezioni europee del maggio 2014 (ottenne il 40,8% dei voti).
Sinistra ecologia e libertà ha subito l’uscita di molti dirigenti a vantaggio del Pd, in testa Gennaro Migliore, ex capogruppo alla Camera. Tuttavia, il presidente del Consiglio e segretario democratico negli ultimi tempi ha subito dei brutti colpi. Diversi personaggi di rilievo della sinistra del partito, dopo un lungo dissenso, hanno detto addio: prima se ne è andato Sergio Cofferati (a gennaio 2015), poi Pippo Civati (a maggio) e quindi Stefano Fassina (a giugno). Fassina, Civati e Cofferati sono impegnati a dare vita con Sel a “un nuovo grande partito della sinistra di governo alternativo”.
Anche Beppe Grillo ha subito più di un dispiacere per le “rotture” nel Movimento 5 Stelle, la forza politica da lui fondata nel 2009 e che raccolse oltre il 25% dei voti nel 2013 su posizioni di opposizione totale di sinistra-destra. Tra espulsioni e addii, oltre 30 parlamentari hanno lasciato il M5S sui 160 eletti nel 2013. I deputati e senatori dissidenti ex cinquestelle sono andati in diverse direzioni, verso sinistra e verso il centro, ma soprattutto sono approdati nei gruppi di Montecitorio e di Palazzo Madama.
Il Gruppo Misto della Camera, punto di raccolta di identità politiche e programmatiche molteplici, è cresciuto a dismisura: ora è salito a 42 deputati e potrebbe ampliarsi ancora con l’ingresso dei deputati di Verdini. Nella Prima Repubblica il Gruppo Misto raccoglieva pochi parlamentari, su posizioni di rottura con i partiti di origine, lì confluiti in attesa di scelte definitive. In genere erano pochi i parlamentari in contrasto con i rispettivi partiti e non riuscivano a formare dei gruppi autonomi (a Montecitorio occorrono almeno 20 deputati e a Palazzo Madama almeno 10 senatori).
Di qui la scelta di confluire nel Gruppo Misto. Ora invece il Misto è diventato una miscela di tante forze ed identità diverse, un crocevia importante nella nuova mappa politica che sta emergendo da scissioni, fratture e ricomposizioni.
Gli occhi sono puntati sul boom del Gruppo Misto. Pino Pisicchio vede una situazione in rapido mutamento: «Questa legislatura passerà alla storia come quella del disfacimento della forma partito e della continua movimentazione dei deputati». Il presidente del Gruppo Misto della Camera riflette sui possibili nuovi equilibri politici: «Non è un problema di turismo parlamentare, ma di superamento della fotografia che è stata scattata in occasione delle politiche del 2013, lontane ormai anni luce dai nostri giorni.
Che un gruppo di parlamentari che fanno capo a Verdini decida di uscire da Forza Italia per praticare vie nuove è nell’ordine delle cose che questa legislatura ci ha abituato a vedere». Riflette sul nuovo quadro parlamentare: «Il giudizio politico non va dato alle intenzioni ma al come, concretamente, questi colleghi vorranno attestarsi di fronte all’attività parlamentare». Cosa succedera? Perché l’implosione e le fratture in tanti partiti? Il tenente Colombo dice in uno dei suoi telefilm: «C’è una spiegazione plausibile per tutto al mondo».
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