Evviva. Finalmente la riforma della Rai è in Aula al Senato. Ma è una buona riforma? È all’altezza delle promesse del premier. Tutti sanno che su questa materia a decidere finora è stato Matteo Renzi. Peccato che su quella che doveva essere una grande riforma del servizio pubblico radiotelevisivo alla fine il governo sembra aver accettato di rinunciare a interventi seri, profondi e innovativi.
Dopo tutto non è caso se oggi il più contento del testo uscito dalla commissione sembra essere proprio l’ex ministro Maurizio Gasparri. Qualche giornalista gli ha chiesto: “Che ne pensa della nuova legge votata in commissione?” E lui: “Mi piace. Hanno ritoccato la Gasparri con alcuni emendamenti firmati da me”.
Forse Renzi spera che ci si dimentichi del suo impegno? Ricordiamocelo: fuori i partiti da viale Mazzini, basta con la Gasparri, faremo della Rai la più grande azienda culturale europea. E poi… mettendo alla guida dell’azienda un amministratore delegato con ampi poteri, la Rai dimenticherà i vecchi vizi della lottizzazione. Parole al vento. Chiacchiere perse nel vuoto.
Il risultato è davvero deludente! Intanto l’amministratore delegato non avrà tutti quei poteri di cui si è favoleggiato. Potrà si proporre i direttori di rete e di telegiornali, ma potranno essere bocciati con il voto dei due terzi del consiglio di amministrazione. Difficile che un nuovo Ad – anche fosse il Mandrake delle comunicazioni – non tratti e contratti prima di avanzare le sue proposte. E con chi tratta e contratta? Con un cda nominato dai partiti, due scelti dalla Camera, due dal Senato, due dal Governo. E questa sarebbe la fine della lottizzazione? Senza parlare del nuovo presidente: dovrà essere votato dai due terzi della commissione di Vigilanza. Così ha preteso Gasparri. Insomma è necessario un grandissimo inciucio partitocratico.
Nel disegno di legge sulla Rai c’erano poi due ampie deleghe: una per la riforma del canone e una molto più pregnante per la riforma del sistema dell’audiovisivo alla luce della rivoluzione digitale e del rinnovo della concessione del servizio pubblico prevista per il maggio 2016. Troppo ampie. Troppo vaghe,
Qualche settimana fa, appena letto il testo originale del disegno di legge Renzi sulla Rai (comunque migliore di quello che finirà per essere votato), avevamo scritto: per avere una vera riforma della Rai bisognerà aspettare un altro governo e un nuovo Parlamento. Speravamo di essere contraddetti.
Peccato un’occasione persa, buttata via. In cambio di che cosa? Vi ricordate la minaccia – si fa per dire – di Renzi? Se il parlamento non vota la mia legge, nominerò il nuovo cda Rai con la vecchia legge Gasparri. Beh! È quello che fa con la sua legge. Renzi! Renzi! Non pensi sia tempo di ripensare seriamente al servizio pubblico? Anche perché in queste condizioni di legge un nuovo amministratore delegato davvero capace ci penserà due volte prima di accettare!