Nella riforma dell’Inpgi, appena approvata dal CdA, è stata inserita in finale una modifica importante. Che ci riguarda. Tutti gli elementi erano e restano quelli già contenuti nella bozza e discussi nelle commissioni, in Fnsi, in molte assemblee regionali. Tranne l’ampliamento delle clausole di salvaguardia a vantaggio delle colleghe che hanno perso il posto di lavoro e che fino al 2021 potranno mantenere il diritto ad andare in pensione a 60 anni.
Molte di noi si erano battute già quattro anni fa, nel 2011, quando l’Inpgi aveva innalzato l’età della pensione di vecchiaia alle donne, perché in quella delibera venisse inserita una clausola di salvaguardia. Tale clausola prevedeva il mantenimento del pensionamento a sessant’anni per le colleghe disoccupate o prive di lavoro subordinato che però, al momento dell’entrata in vigore della delibera (estate 2012), avevano iniziato, anche con un solo versamento, la prosecuzione volontaria dei contributi.
Stavolta fra i tagli ipotizzati dalla bozza di riforma c’era anche l’abolizione di quella clausola. Invece non solo è stata mantenuta, ma anche ampliata, all’interno di un discorso di garanzia nei confronti degli esodati. Non era scontato. Infatti anche i giornalisti disoccupati o dipendenti di aziende in crisi (ma il cui stato di crisi risulta già approvato entro la data di oggi, 27 luglio 2015) potranno mantenere i requisiti della pensione d’anzianità con abbattimenti, ossia 57 anni d’età e 35 anni di contributi.
Si tratta di due garanzie che sino all’ultimo risultavano a rischio, tanto più che il dibattito nella categoria era stato monopolizzato dall’indisponibilità di alcuni, pensionati e non solo, a partecipare ai sacrifici collettivi – che per definizione debbono riguardare tutti e seguire i requisiti di legge – indispensabili a mettere in sicurezza l’Inpgi.
Naturalmente la partita della riforma è tutt’altro che conclusa, poiché bisogna aspettare il parere dei ministeri vigilanti. Sperando che diano il via libera senza pretendere ulteriori strette…