Ostentando il solito atteggiamento da pugile spaccone, come scrive Di Vico sul Corriere, Renzi mostra la sua dote principale: quella di essere un politico senza ispirazione ma attento ai rapporti di forza, capace di ridurre il danno, dividere gli avversari, scegliere la linea di minore resistenza. Nn mi credete? Leggete con un po’ di distacco i giornali in edicola.
Caso Crocetta, elezioni ma non subito. Spiega Maria Teresa Meli : “il premier non intende far cadere subito Crocetta per evitare effetti domino”. Dove per effetto domino s’intende la probabile vittoria dei 5 Stelle se si votasse in ottobre. Meglio traccheggiare, dare qualche metro di corda a Crocetta, presentare il voto in Primavera, in Sicilia e a Roma, come una sorta di giudizio di Dio contro il “vecchio” Pd.
Facciamo tre leggi, poi si può votare, dice al manifesto Rosario Crocetta. “Una per completare la riforma delle province, la seconda per l’acqua pubblica, la terza per i poveri”. L’attendismo del premier conviene al governatore per non lasciare la scena col pubblico che fischia in sala: “non posso farmi da parte -dice- davanti a una macchinazione di queste proporzioni”. Così la vittima presunta – “la mafia ha lanciato una fatwa spiegando che prima di uccidermi bisogvava distruggere la mia immagine”- andrà per qualche tempo a braccetto con il presunto mandante -cioè il Pd di Renzi, che lo stesso Crocetta accusa da tempo di essere il burattinaio della propria sventura.
“Tramavano sulla sanità,Crocetta mi ha taciuto tutto, isolata dal primo giorno, ecco perchè lascio”. L’intervista di Lucia Borsellino a Repubblica si abbatte come un maglio sull’intesa tattica fra i due istrioni. Sullo sfondo la sanità siciliana, 9 miliardi di spesa, unica “industria” sopravvissuta nell’isola. E gli interessi di chi si spartisce la torta e ci vuole far carriera. Diciamolo chiaro: vecchio Pd e Megafono hanno vinto le elezioni nel 2012 perchè la destra era a pezzi e la grande mafia non ci teneva troppo a spartirsi i debiti della regione. Ma la borghesia mafiosa diffusa non poteva mollare la presa (della sanità e degli appalti) e in seguito s’è accreditata presso i nuovi vicerè, il sulfureo Crocetta, l’oscuro Faraone. Su Lucia Borsellino, la “rivoluzione” e i siciliani onesti è calata la coltre del silenzio, interrotto dallo strepitio dei galli (politici) in continua guerra fratricida.
Rinvio a Palermo, rinvio a Roma. Questa sera Rosy Bindi dovrebbe riferire all’Antimafia “in merito alle vicende note come mafia capitale”, ma il capogruppo (renziano) del Pd in Commissione, Mirabelli, propone di rinviare. “Inopportuna una presa di posizione della commissione -scrive Mirabelli- prima delle determinazioni del governo”. L’abilità manovriera del Premier, la necessità di aspettare, prende ormai in ostaggio i cittadini siciliani, i romani rivoltati e le istituzioni.
Prender tempo, perchè? Consiglio la lettura di Luca Ricolfi, sul Sole, e di Dario Di Vico, Corriere. Scrivovo della rivoluzione Copernicana – e lo slogan in verità li offende- rappresentata dal taglio alle tasse. Entrambi hanno dubbi sulle coperture economiche, magari sospettano che si toglierà un balzello per imporne un altro, ma sottolineano “la svolta coraggiosa”, Ricolfi, “la forte discontinuità”, Di Vico. Consiste questa discontinuità coraggiosa nel fatto che Renzi non abbia detto “il governo ridurrà la pressione fiscale”, ma “il Pd ridurrà le tasse”, rompendo così l’antico cordone ombelicale con la sinistra italiana e la socialdemocrazia europea, le quali usavano mettere sempre al primo posto il finanziamento del Welfare State. Da liberali, Di Vico e Ricolfi, se ne compiacciono e per un giorno tacciono su tutto quello che questa svolta renziana si porta dietro: la sussunzione della “nuova” sinistra in un solo uomo, la dittatura del governo su partiti e Parlamento, la sostituzione della contrattazione ( antica pratica sindacale ma anche liberale) con il dono, detto bonus, che è concessione tipica del monarca illuminato o, se preferite, del riformista autoritario. Prima spegnere i focolai di resistenza nel Pd, poi attribuire alla vecchia sinistra ogni sconfitta alle amministrative, infine lanciare il nuovo conio, il partito della nazione, per vincere e governare il più a lungo possibile.