Non è ancora giunto il settimo giorno e così l’alacre legislatore non può ancora riposarsi dalle fatiche della riforma della Rai, ma, insomma, ci si avvicina a grandi passi alla meta. Il testo è praticamente già in aula al Senato e le intenzioni del governo sono quelle di farlo approvare prima della chiusura estiva. Rapidi, no? Bè sì, ma giocano facile il governo e la sua maggioranza perché la “mitica” riforma della Rai, che in alcune dichiarazioni viene addirittura definita una rivoluzione, altro non è che una variante dell’assetto attuale. Non ci voleva un grande sforzo per arrivarci, bastava definire due o tre dettagli, fissare alcuni equilibri e voilà eccoti sfornata una riforma calda calda e croccante.
Croccante? Non proprio. Mai riforma fu più anonima e senz’anima di questa tutta concentrata sulla dimensione aziendale e sull’invarianza del controllo politico della Rai. Lo si è già detto più e più volte, ma ripetiamolo ancora: i partiti non escono dalla Rai; se finora il CdA veniva eletto in sede parlamentare (con la nota spartizione di posti), domani sarà nominato da governo e Parlamento con l’unica aggiunta-foglia di fico di un consigliere eletto dai dipendenti Rai. L’amministratore delegato sarà di fatto indicato dal Governo e i suoi poteri, ancorchè superiori a quelli dell’attuale direttore generale, saranno comunque sottoposti al controllo del CdA. E il cerchio si chiude: Camera, Senato, governo. Ah sì il rappresentante dei dipendenti che immaginiamo tutto concentrato a rappresentare le istanze di chi alla Rai ci lavora.
Grande sensibilità del governo. E chi la Rai la paga dove sta? Giustamente a casa davanti alla Tv! E che, vogliamo dare spazio ai cittadini e alle associazioni nelle quali si organizzano (associazioni antimafia e per la legalità, sindacati confederali, associazioni dei consumatori, associazioni del volontariato, Terzo Settore ecc ecc)? Non sia mai. Chissà che confusione farebbero nei salotti buoni dove si decidono le sorti del servizio pubblico. Tanto per esemplificare, cosa pensate che possa dire in materia di servizio pubblico qualcuno che rappresenta le associazioni antimafia come quelle che si raccolgono in Libera?
No per loro non c’è spazio. D’altra parte gli utenti del servizio pubblico nemmeno sono nominati in tutto il testo della riforma. Ospiti paganti e sgraditi, forse?
L’idea di costituire una governance alla tedesca cioè con organismi di rappresentanza della società civile che sovraintendessero al servizio pubblico ha costituito un filone di ricerca lungo anni che ha portato alla definizione di vari disegni di legge e soprattutto della proposta di riforma “La Rai ai cittadini” promossa da MoveOn Italia raccolta da numerosi parlamentari e formalmente all’esame del Parlamento. L’idea era ed è molto valida e sensata perché la Rai che ha la missione di effettuare il servizio pubblico è innanzitutto un bene comune e non può essere considerata soltanto un’azienda. Né si può pensare di ristabilire il mondo degli anni ’50-’60 quando i partiti rappresentavano effettivamente molte istanze sociali e culturali. Oggi che i partiti sono in crisi e coperti di discredito si consegna a loro tutto il potere di nomina del CdA della Rai.
L’unica speranza è che i senatori decidano di introdurre alcuni correttivi alla legge che uscirà dal Senato. Quali? Eccoli: 1. Un membro del CdA eletto dagli utenti del servizio pubblico; 2. Un Consiglio per la partecipazione, organismo consultivo che rappresenti gli utenti e che dialoghi con Commissione di vigilanza e con il CdA; 3. La previsione di sedi e momenti di consultazione con le organizzazioni della società civile sugli indirizzi del servizio pubblico.
Se non si farà neanche questo ci vorrà tutta la maestria del Presidente del Consiglio per raccontare qualcosa di questa riforma avviata quando dichiarò la sua intenzione di far uscire i partiti dalla Rai. A leggere il testo approvato in commissione al Senato al massimo usciranno usciti per un caffè e poi rientreranno subito
* Claudio Lombardi per MoveOn Italia