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Rai, diffamazione, intercettazioni. Tre norme per rendere l’informazione meno libera

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Cari amici di Articolo 21, tre proposte di legge che potrebbero ottenere una corsia preferenziale per l’approvazione definitiva devono far riflettere il mondo dell’informazione, spingendolo a non abbassare la guardia.

La riforma della Rai, la proposta di legge sulla diffamazione a mezzo stampa e il ddl sulle intercettazioni hanno infatti un minimo comune denominatore. In tutti e tre i casi è chiaro il tentativo di introdurre, neanche tanto surrettiziamente, norme che rendano meno libera la stampa, limitino il diritto di cronaca e scoraggino i giornalisti dal compiere il loro dovere, ossia cercare e pubblicare notizie nell’interesse esclusivo dei cittadini ad essere informati. Il caso della norma bavaglio contenuta nel ddl sulle intercettazioni è soltanto l’ultimo di una lunga serie di episodi che confermano la volontà di buona parte della classe politica, in modo assolutamente trasversale, di regolare i conti con i giornali e con i giornalisti con l’obiettivo di avere una stampa addomesticata e sottomessa al potere.

È un tentativo da respingere al mittente. È pertanto auspicabile che il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, faccia seguire alle parole i fatti e mantenga l’impegno di cancellare dal ddl sulle intercettazioni la vergogna di un emendamento che umilia la tradizione democratica del nostro Paese, prima ancora dei giornalisti. È altresì opportuno che le forze politiche ritrovino la dignità e l’orgoglio per cancellare dalla proposta di riforma Rai e dalla legge sulla diffamazione, approvata alla Camera, tutti quei passaggi che tendono chiaramente a imbrigliare la libera informazione e l’esercizio del diritto di cronaca. La necessità di approvare prima della pausa estiva provvedimenti fondamentali per la vita democratica del Paese non può trasformarsi in una sorta di riformismo alle vongole.


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