Questo articolo è stato pubblicato sulla pagina web del quotidiano Il Mattino curata dalla Fondazione Polis di Napoli
Oltre a denunciare le molte violazioni della libertà di stampa che si verificano in Italia, oltre a segnalare le moltissime intimidazioni, minacce e ritorsioni che ogni anno bersagliano centinaia di giornalisti per impedire che riferiscano fatti e circostanze di interesse pubblico che disturbano il potere, occorre cominciare a fare qualcosa di concreto per assistere e proteggere i giornalisti che subiscono queste intimidazioni.
Occorre aiutarli a resistere, a difendersi, a rompere l’isolamento, a non soccombere alla censura imposta con la violenza, con la prepotenza, con l’abuso delle querele. E’ necessario e urgente, se dai giornali vogliamo apprendere anche le “verità scomode”, i misteri che resistono perfino alle indagini giudiziarie, quei fatti e comportamenti scorretti che il potere, i potenti, i corruttori, i criminali nascondono proprio per poter concludere affari sporchi o illeciti.
I cittadini hanno il diritto di conoscere anche queste informazioni, scomode per il potere, per partecipare consapevolmente alla vita pubblica e impedire il malaffare. Ma come si possono proteggere i giornalisti? Da tempo sono stati individuati degli strumenti, delle procedure che attendono soltanto di essere discusse e attuate. Bisognerebbe attuarle con urgenza, e non solo nei teatri di guerra, ma anche nella nostra pacifica Italia, in cui si combatte ogni giorno contro i giornalisti una guerra a bassa intensità.
Alla conferenza internazionale promossa da “Ossigeno per l’Informazione” e presieduta da Sergio Zavoli, che si è svolta giovedì 2 luglio 2015 a Roma, in una sala del Senato della Repubblica, si è parlato di tutto ciò e si sono registrati alcuni importanti passi avanti. (guarda il video su www.ossigeno.info )Il primo risultato positivo consiste nell’ammissione esplicita da parte del governo che in Italia queste intimidazioni si verificano frequentemente, sono numerose e gravi e il fenomeno è ben rappresentato dai dati impressionanti raccolti da Ossigeno (2350 giornalisti intimiditi dal 2006 a oggi).
Questa ammissione segna un’inversione di tendenza. Finora infatti il fenomeno, oltre ad essere oscurato dai media, è stato platealmente negato dalle autorità pubbliche. Alla conferenza di Roma le ammissioni più importanti di fonte italiana sono venute dal presidente del Senato, Pietro Grasso, dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, dal vice presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Claudio Fava, dal presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, dal segretario della FNSI, Raffaele Lorusso, dal direttore generale della FIEG, Fabrizio Carotti.
“I dati di Ossigeno – ha detto Pietro Grasso – ci costringono non solo a riflettere ma anche ad agire. Ci sono troppi minacciati e ancora non siamo capaci di trovare soluzioni adeguate”. “Non credo – ha affermato il ministro Gentiloni – che in Italia si possa affermare che l’informazione non sia libera. Credo invece che molti giornalisti non siano liberi di scrivere la verità, di indagare, di esercitare al meglio la loro professione. Penso alle intimidazioni e alle minacce quotidiane contro coloro che affrontano temi come la mafia o la criminalità organizzata”.
Claudio Fava ha annunciato che nei prossimi giorni la Commissione Antimafia pubblicherà una approfondita relazione sulle minacce ai giornalisti italiani. A queste importanti certificazioni di fonte italiana si sono aggiunte quelle di autorevoli rappresentanti internazionali: il presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks, l’inviata della Rappresentante per la libertà dei media dell’Osce, Ulrike Schimdt, il direttore del Centro Europeo per la libertà di Stampa di Lipsia, Lutz Mukke,il vice presidente dell’Associazione dei Giornalisti Europei, William Horsley, il rappresentante del centro di monitoraggio dei media nel Sud Est Europa (SEEMO), Radomir Licina.
Come ho sottolineato durante la conferenza, questa generale ammissione della gravità del fenomeno delle intimidazioni contro i giornalisti italiani è una grande novità di cui Ossigeno rivendica il merito. Questa ammissione permette finalmente di cominciare a discutere di cosa fare in concreto per mettere fine alle intimidazioni . Fra l’altro, la svolta del governo, come ho sottolineato, non è testimoniata solo dalle parole del ministro Gentiloni.
La svolta si era già manifestata in modo significativo e ufficiale. Infatti, a marzo del 2015, a Ginevra, durante la sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, i rappresentanti italiani, per la prima volta, hanno accolto e si sono impegnati ad attuare alcune precise “raccomandazioni” in materia di libertà di stampa, di conflitto di interessi e di protezione dei giornalisti. In particolare, il Governo italiano si è impegnato a “indagare e perseguire tutti i colpevoli di violenza e di crimini di intimidazione contro i giornalisti”, “a prendere le misure giuridiche necessarie per proteggere i giornalisti e indagare tutti gli atti di intimidazione e di violenza contro i giornalisti”.
Purtroppo per risolvere il problema non basta assumere questi impegni solenni. Ma gli impegni solenni sono importanti, poiché rendono percorribili strade che prima apparivano impervie e impraticabili. Purtroppo il parlamento – con l’eccezione della Commissione antimafia – non ha ancora fatto la sua svolta. Continua a battere le vecchie strade che sottomettono l’interesse pubblico a conoscere i fatti di interesse pubblico a un diritto alla riservatezza anche in casi in cui esso non può essere invocato come preminente. Lo dimostrano le recentissime vicende della proposta di legge sulla diffamazione e con la nuova ipotesi di limitazione della pubblicazione delle intercettazioni giudiziarie.
Alla conferenza Ossigeno ha formulato alcune proposte su cui raccoglierà pareri e opinioni. Fra l’altro, l’Osservatorio chiede di creare uno Sportello pubblico attraverso il quale comunicare le intimidazioni a tutte le autorità competenti con un’unica segnalazione: di istituire un fondo di solidarietà; di costruire una rete di assistenza legale solidale, di elaborare un codice di comportamento sul modo di trattare sui media le notizie sui giornalisti che subiscono intimidazioni e minacce. Denunciare le violazioni della libertà di stampa è importante, ma non basta. E la società civile? Come ha detto don Luigi Ciotti, non può soltanto commuoversi, deve muoversi, deve schierarsi, deve fare la sua parte.
ASP