Articolo21 – Circolo di Assisi – Lo stupro della ragazzina a Roma, solleva una questione importante che riguarda il senso di responsabilità della collettività. In questo caso italiana. E facebook è stato la cartina tornasole di un pensiero generalizzato e raccapricciante che non ha avuto paura di diventare pubblico nei commenti della notizia.
Parlo di responsabilità per un motivo ben preciso. Alla notizia dello stupro, tra quelli che leggono solo il titolo e la vaghezza delle informazioni il dito è stato puntato su extracomunitari e clandestini. Tutti a solleticare gli istinti più bassi “via! mandiamoli a casa loro!”… peccato che, lo stupratore o presunto tale, fosse già a casa sua. Anzi, fosse un militare italiano. Uno di quelli che, in teoria, casa nostra la dovrebbe difendere. Non a caso è un dipendente del “Ministero della Difesa”.
Ed è lì che il concetto di responsabilità personale dà la sua ulteriore svirgolata, meschina fino all’ultimo. Basta scorrere i commenti sotto la notizia per rimanere schifati “era troppo tardi perché una ragazzina fosse fuori casa”, “si vestono troppo provocanti”, ” e se avesse voluto fare un’orgia?”, “ma come si vestono ‘stè zozzette” fino a un equo e disgustoso: “se l’è cercata, ma non è giusto”. Devo dire che il penultimo commento che ho citato è veramente il più nauseante.
Dunque è colpa della ragazza, è colpa delle donne che non sanno stare ancora al loro posto. Prima è l’extracomunitario che non si controlla perché inferiore e bestiale, non come “noi”. Ma poi quando è colpa nostra non lo è. E il nefando che abita il nostro animo riemerge incolpando una ragazzina tratta in inganno. Non solo le togliamo la sua ingenuità accusandola di essere la meretrice, ma le togliamo la dignità di essere donna e infine togliamo al termine “civile” il suo significato. Perché essere civile significa avere un rapporto con gli altri di convivenza umanizzata, che non esula da quello che scriviamo su facebook. Specchio indelebile dei nostri pensieri.
E’ quindi questo il senso di responsabilità di cui siamo capaci? non siamo in grado di condannare il vero responsabile perché in fondo, anche chi commenta in quel modo, si possa sentire autorizzato a fare certe cose perché si sente provocato. Tenendo ben presente che il “sentirsi provocati” si applica in modo del tutto arbitrario da persona a persona. E allora dico sì, forse è meglio che noi donne, che noi ragazze di qualsiasi età ce ne restiamo a casa, che torni il patriarcato se c’è il pericolo di incontrare una collettività come quella che si è palesata su facebook. Fatta di persone retrograde, superficiali, animalesche e sopratutto deresponsabilizzate dalle loro azioni.
Non preoccupatevi, non è colpa vostra, neanche dei commenti che avete scritto. Sarà stato il caldo. E non è colpa vostra delle lacrime che una madre può versare leggendovi. Non è colpa vostra se le vostre azioni saranno guidate da istinti biechi di fronte a una gonna corta. E pregate sempre che a essere tratta in inganno e a subire un male del genere non sia mai vostra figlia.