Le parole del papa su padre Paolo Dall’Oglio sono la la risposta più alta e significativa alla nostra speranza che a due anni di distanza si rompesse il muro di silenzio su di lui. A pochi giorni da quel triste anniversario le parole del papa sono per l’associazione “giornalisti amici di padre Dall’Oglio” un ulteriore stimolo, nella totale fiducia per il lavoro della nostra diplomazia, a non spegnere i riflettori su di lui, a invitare tutte le istituzionia ricordare Paolo e il suo impegno trentennale per la pace, la non violenza, il vivere insieme. E’ in questo spirito che pubblichiamo una sintesi del discorso che padre Luciano Larivera, scrittore de “La Civiltà Cattolica”, ha pronunciato alla presentazione della nostra associazione.
E’ una sorta battesimo quello che viviamo adesso. Questo sacramento dice immersione nella morte e nella vita eterna. Lo abbiamo fatto ricordando anche Santo Della Volpe, e le sue “ultime” parole di maggio.
Si battezza pronunciando tre parole: Padre, Figlio, Spirito Santo Ma questo nostro di oggi è un battesimo laico, cristiano e interreligioso o non credente insieme. Userò quindi altre tre parole, che non sono semplici metafore. Sono parole di vita e di senso sull’Associazione e su padre Paolo. Le tre parole sono cenacolo, esodo, Maria
CENACOLO. È quello che siamo qui e quello che volete essere. Non è il cenacolo letterario ma quello di Gerusalemme. Segno costante di luogo conteso (adesso tra Santa Sede e Stato d’Israele), luogo che è insieme chiesa e moschea. Dove il dialogo non è facile. Dove i discepoli si sono chiusi per timore di persecuzioni, pensando ai dolori dell’amico. Dove aspettano il Prigioniero nel sepolcro. Dove si fa resistenza, si organizza una strategia (perché Paolo non sia dimenticato e la guerra in Siria non esca dall’attenzione dei media).
Luogo dove gli amici di Gesù rischiano di disperare, da cui alcuni scappano o si dileguano delusi o impauriti. Quel luogo era stato il posto dell’ultima cena (per me fu l’incontro attorno a un tavolo con Paolo insieme ad altri giornalisti a VeDrò oltre due anni fa). Ma è pure il luogo dove si fa esperienza della risurrezione, si ricorda chi era Gesù anche dopo l’ascensione. Così per noi è Paolo.
Nel racconto e nel ricordo si risperimentano i segni della sua vita in Cristo, che le sue parole e la sua vita non cessando di dare vita e senso. Il cenacolo è luogo dell’attesa anche dello Spirito Santo. E della sua effusione.
Non è luogo di fruizione del piacere della comunione, ma è luogo del dialogo apostolico, dove si esprimono i dissidi e li si prova a vivere se non proprio a risolverli. Li si svolge il primo concilio della Chiesa. Da dove si parte per la missione con destinazioni diverse e lontane.
In fondo l’esperienza degli amici di Maometto è simile, quando il Profeta non era più con loro, essi si trovarono insieme a ricordarlo, raccogliere i suoi detti, esprimere a parole e per scritto i suoi gesti, trovare e dare un senso durevole alla sua testimonianza. Ecco per noi Paolo è un dono per attraversare il tempo lungo della sua prigionia e della guerra in Siria.
Ci serve questo cenacolo per liberare Paolo e l’energia del suo messaggio.
ESODO. Nel cenacolo, i discepoli ricomprendono la storia di Gesù mediante il racconto biblico dell’esodo. Questa è in verita la “storia delle storie”, il racconto pasquale, la storia fondativa.
Nell’esodo con Mosé si dice la storia di ognuno, anche di padre Paolo, e di ogni popolo; ognuno deve identificarsi in qualche personaggio della vicenda, forse proprio nei cattivi. Anche Paolo ha sfidato il sistema faraonico, oppressivo, “dialogante” ma non democratico e liberante. Ha affrontato l’esercito di Assad (e poi del Isis). Ha resistito un sistema securitario.
Mosè dovette lasciate l’Egitto una prima volta e andò nel Sinai (Paolo in Iraq). Ma la sua terra promessa e il suo popolo erano in Siria. Padre Paolo ha attraversato il Mar Rosso quando è rientrato in Siria. I due muri d’acqua che lo hanno sostenuto e incoraggiato sono stati la possibilità di svolgere attività giornalistica per una Siria unita e libera e quello di poter mediare la liberazione dei prigionieri.
Ma la strada che ha dovuto percorrere e sta percorrendo è quella del fondale del Mar Rosso: terra profonda, terra oscura, terra di sangue. Il dialogo radicale di Paolo, di andare a parlare con reincarnazioni di faraoni e con guerrieri, non era una passeggiata, non era camminare sulle acque, ma sott’acqua, sotto il livello del mare: una desolazione deprimente ma necessaria per dare informazioni e liberazione.
MARIA. Era nel Cenacolo, confortava e chiedeva di essere confortava, era principio di unità e continuità come ogni madre (mamma ebrea, del grande profeta Gesù, madre di Dio). Come le figure femminili insieme a padre Paolo.
Al convegno di maggio, l’imam di Trieste Nadel Akkad mi diceva a tu per tu: su Maria dobbiamo costruire, tra le tre religioni monoteiste, la mutua comprensione, compassione e capacità di esistere e lottare gli uni per gli altri (per Paolo, per i siriani, per il bene comune e la pace). Maria (anche quella dell’Esodo, sorella di Mosè) ci ricorda di lodare Dio, di ricordare le sue gesta, di pregarLo perché richiuda le acque del Mar Rosso e fermi carri, cavalli…seppellisca/affoghi/travolga la violenza in Siria.
È finalmente si arrivi al Sinai per siglare un’alleanza di fede, di pace, di prosperità che sarà tale perché sarà comune. Per pregare per tutto ciò, possibile a Dio e non a noi, vi ricordo la Messa del 29 luglio alle 19.30 alla Chiesa di San Giuseppe sulla Nomentana.