Il giornalista è un eccezione nel panorama delle professioni ordinistiche. Qualsiasi altro professionista può infatti scegliere se lavorare per conto di un azienda ovvero in proprio, avendo un rapporto diretto con gli utenti finali del suo lavoro. Per il giornalista questo è impossibile: per raggiungere il suo pubblico deve lavorare per un editore. L’eccezione riguarda anche la regolamentazione vigente in materia di compensi professionali. Successivamente al “Decreto Bersani sulle liberalizzazioni” (decreto Bersani-Visco, ufficialmente decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito poi dalla legge 4 agosto 2006, n. 248) che ha abolito il tariffario degli ordini professionali, è evidente una lacuna normativa che interessa gli iscritti all’Ordine dei giornalisti.
Infatti pur essendo aboliti i tariffari ordinistici, il ministero della Giustizia stabilisce e aggiorna con proprio decreto i compensi professionali, che sono il riferimento ufficiale da considerare in Tribunale. In ossequio alla norma (DM 140/2012) il ministero della Giustizia decreta le tabelle di compensi che riguardano in sostanza, tranne quella giornalistica, le più varie professioni: avvocato, architetto, biologo, chimico, commercialista, dottore agronomo e dottore forestale, geometra e geometra laureato, geologo, ingegnere, etc.
Nelle tabelle ministeriali vengono considerati anche elementi che riguardano le spese di produzione, sia quelle effettivamente sostenute che un rimborso forfettario. Un’altra norma, l’articolo 2233 del codice civile, stabilisce che “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.” Lo scorso anno la commissione istituita dalla “legge per l’equo compenso giornalistico” (233/2012) ha fissato faticosamente alcune tariffe minime ma con un meccanismo che ne limita l’applicazione solo ad una minima parte dei giornalisti. Il TAR, su ricorso dell’Ordine, ne ha invalidato la delibera.
Durante i lavori della commissione ministeriale per l’equo compenso nel 2014 vi fu un vivace dibattito all’interno della categoria sulle posizioni assunte dall’Ordine dei giornalisti e quelle della Federazione della stampa. Al sindacato fu rimproverato di consentire a un accordo con gli editori che sanciva una forte difformità di trattamento tra redattori subordinati e giornalisti autonomi e precari. All’ordine viene, ancora oggi, contestata l’incongruenza di stabilire procedure inadeguate e compensi minimi risibili per l’iscrizione nell’elenco dei giornalisti pubblicisti.
È innegabile che sia interesse della categoria che il compenso minimo, equo e decoroso, dei giornalisti venga fissato anche da norme, quali le tabelle ministeriali analoghe a quelle emanate per le altre professioni, indipendenti dalle trattative sindacato-editori e così al riparo dalla comprensibile eventualità che possano essere ancora richiesti ingiusti, dolorosi compromessi.
* Componente Commissione lavoro autonomo nazionale FNSI